-Le autorità britanniche hanno formalmente chiesto l’estradizione di Dimitri Kovtun (la scheda), l’uomo d’affari russo con un passato da agente del Kgb, per l’omicidio di Alexander (Sasha) Litvinenko. L’inchiesta sulla morte dell’ex colonnello defezionista dell’Fsb, ucciso con il polonio 210, entra in una nuova fase, dopo l’incriminazione di Andrei Lugovoi, anche ex agente segreto russo oggi deputato della Duma. Kovtun ha spedito una lettera al quotidiano britannico Financial Times nella quale scrive: «Questa mattina (ieri, per chi legge, ndr) rappresentanti dell’Investigation Committee russo mi hanno comunicato di aver ricevuto una lettera dal Crown Prosecutor Service britannico in cui si chiede il mio arresto e l’estradizione». I procuratori britannici dunque accusano Kovtun, di essere coinvolto insieme ad Andrey Lugovoi (la scheda) nell’omicidio di Sasha Litvinenko, morto il 23 novembre 2006 dopo essere stato avvelenato a Londra il 1° novembre con una dose massiccia di polonio 210.

Sulla notizia la Procura Generale di Mosca si è dichiarata non disponibile ad alcun commento, mentre il Crown Prosecution Service britannico non ha né confermato né smentito.

Kovtun è sospettato di complicità nell’omicidio per aver lasciato una traccia di polonio in un appartamento di Amburgo, ma gli inquirenti tedeschi, dopo aver aperto un’inchiesta nei suoi confronti alla fine del 2006, hanno abbandonato il caso all’inizio del 2010, ritenendo non ci fossero elementi sufficienti per procedere con le accuse.

Sia Lugovoi sia Kovtun hanno sempre negato qualsiasi coinvolgimento nella morte di Litvinenko e nel novembre dello scorso anno Lugovoi ha dichiarato agli inquirenti russi che lui stesso sarebbe stato vittima di un tentativo di avvelenamento.

Alexander Litvinenko, defezionista ex colonnello del Kgb e poi dell’Fsb (il servizio di sicurezza russo), aveva ottenuto la cittadinanza britannica e il suo omicidio in pieno centro a Londra ha reso le relazioni diplomatiche tra Regno Unito e Federazione Russa molto tese. Il continuo rifiuto da parte russa di estradare il principale sospettato per l’omicidio, ovvero Lugovoi, ha portato ad una serie di espulsioni diplomatiche reciproche o come dicono gli inglesi «tit-for-tat».

Il primo ministro britannico David Cameron, in visita ufficiale in Russia nel settembre scorso, ha rifiutato l’invito a ripristinare i collegamenti tra i rispettivi servizi segreti, congelati dopo l’omicidio di Litvinenko, ribadendo che l’affare Litvinenko resta  un problema aperto tra i due Paesi («difficult issue»).

Alla fine di gennaio 2012 il tabloid britannico “Daily Mail” ha reso noto che il dottor Andrew Reid, il coroner del St. Pancras che sta conducendo l’indagine sulla morte di Litvinenko, ha ordinato all’MI5 (il servizio di sicurezza britannico), all’MI6 (il servizio d’intelligence all’estero) e all’ SO15 (l’antiterrorismo di Scotland Yard),  di declassificare documenti relativi all’ex ufficiale dell’Fsb.

Il clima dunque, a oltre cinque anni dai fatti, si sta facendo nuovamente incandescente, proprio alla vigilia delle elezioni presidenziali russe (4 marzo) che vedono un possibile ritorno al Cremlino di Vladimir Putin.

Il 20 gennaio sono partite da Londra, e precisamente dal Detective Superintendent Duncan Ball, le citazioni dei testi. Fra di loro, come testimone della Corona, anche Mario Scaramella, l’ex collaboratore della Commissione Mitrokhin che incontrò Litvinenko al Sushi bar di Piccadilly Circus quel drammatico 1° novembre 2006.

Nei giorni scorsi, Scaramella ha denunciato ai Carabinieri e a Scotland Yard di aver subito nel giro di poche settimane ben quattro intrusioni nella sua abitazione e nella sua auto, nonché il furto di documenti. Occorre dire che Scaramella, sempre per l’omicidio Litvinenko e probabilmente come ritorsione alla decisa posizione britannica, è indagato dalla Procura Generale di Mosca.

Oltre a Scaramella sono stati citati come testi anche la moglie di Aleksandr, Marina, il figlio Anatoly, i figli avuti dalla prima moglie Nataliya, Alexander e Sonya, Boris Berezovski, il Chief police officer di Scotland Yard, Bernard Hogan-Howe, Lugovoy e Kovtun. Altro teste citato dagli inquirenti inglesi, il padre di Sasha, Walter Litvinenko, 73 anni, che dal 2008 vive in Italia, in un paesino delle Marche nei pressi di Montemarciano.

E proprio da Walter sono giunte, all’inizio di febbraio, inaspettate e inquietanti dichiarazioni. Egli, insieme alla vedova Marina, è sempre stato uno dei più accaniti accusatori di Putin quale mandante dell’omicidio del figlio, per via delle feroci campagne stampa che Alexander scatenò contro l’allora presidente russo, soprattutto sulla questione cecena.

Parlando alla televisione di Stato russa, il 2 febbraio scorso, il padre di Sasha ha detto di essere profondamente rammaricato per aver accusato l’ex presidente russo e il servizio di sicurezza (Fsb) di un coinvolgimento nella morte del figlio, dicendo di sperare di essere perdonato e di ottenere il permesso per tornare in Russia.

Rivolgendosi direttamente a Putin, ha esclamato: «Vladimir Vladimirovich, se sta guardando questo programma la prego di perdonarmi per tutte le calunnie che ho detto e scritto su di lei, per tutto l’odio che avevo per lei. Se solo avessi saputo che mio figlio aveva lavorato per l’intelligence britannica non avrei parlato a quel modo della sua morte. Egli avrebbe dovuto essere punito come agente traditore. I traditori vanno puniti».

Sorge spontanea una domanda: se le intrusioni subite da Scaramella non fossero casuali, quali pressioni avrà subito Walter per essersi terrorizzato a tal punto da accusare il figlio e chiedere indulgenza al candidato presidente Putin?