Un incendio doloso il 16 aprile del 1973 porta via le giovani vite dei fratelli Mattei, suscitando indignazione e polemiche, ma l’impunità persiste ancora dopo decenni

Stefano e Virgilio Mattei avevano rispettivamente 10 e 22 anni quando, il 16 aprile 1973, un devastante incendio consumò l’intero appartamento al 33 di via Bernardo di Bibbiena, nel quartiere Primavalle, portando via le loro giovani vite. L’evento tragico fu preceduto da un violento scoppio, annunciando la terribile tragedia imminente.

Alle 3:20 del fatidico giorno, un gruppo di giovani di Potere Operaio salì fino al terzo piano del lotto 15, scala D, per depositare una tanica di benzina con un innesco artigianale davanti alla porta di un appartamento e attivarne la miccia. L’incendio scoppiò in pochi istanti, portando distruzione e morte.

L’appartamento apparteneva a Mario Mattei, ex netturbino e segretario della sezione ‘Giarabub’ del Movimento Sociale Italiano (MSI). Mario, insieme alla moglie Anna e ai figli, cercò disperatamente di sfuggire alle fiamme. Alcuni riuscirono a salvarsi, ma Virgilio e Stefano rimasero intrappolati e morirono bruciati vivi, abbracciati vicino alla finestra che non riuscirono a superare.

Le indagini, affidate al sostituto procuratore Domenico Sica, si concentrarono su piste legate all’area della sinistra extraparlamentare e agli esponenti di Potere Operaio. Nel 1973, tre presunti responsabili furono individuati e accusati: Achille Lollo, Marino Clavo e Manlio Grillo.

Il processo iniziò nel 1975 ma, nonostante alcune ammissioni di colpa e conferme della responsabilità degli imputati, le condanne furono emesse solo in un secondo processo d’appello. Tuttavia, i condannati riuscirono a sottrarsi alla giustizia, fuggendo all’estero.

Nel corso degli anni, diverse inchieste e riaperture dei fascicoli hanno tentato di fare luce sulla tragedia, ma l’impunità persiste ancora oggi, 51 anni dopo il rogo di Primavalle.

(con fonte AdnKronos)