Un documento recentemente desecretato rivela appunti inediti del ministro della Difesa Lelio Lagorio, preso durante una riunione di vertice del 5 agosto 1980, pochi giorni dopo la strage di Bologna e due mesi dopo la tragedia di Ustica. Questi scritti potrebbero svelare dettagli finora sconosciuti e fornire nuove informazioni sulle due stragi che hanno segnato la storia italiana
Spunta un documento inedito che potrebbe fornire nuovi particolari su due delle stragi che più hanno insanguinato la storia italiana: quella di Ustica, nella quale il 27 giugno 1980 morirono 81 persone a bordo del Dc9 precipitato in mare, e quella di Bologna, nella quale il 2 agosto 1980 morirono 85 persone e altre 200 rimasero ferite.
Tra le carte recentemente desecretate, in seguito alla direttiva Renzi, e versate ad ottobre scorso all’Archivio di Stato, ci sono gli appunti di Lelio Lagorio, all’epoca ministro della Difesa nel governo Cossiga II, relativi alla riunione congiunta del Comitato interministeriale per le informazioni e la sicurezza (Ciis) e del Comitato esecutivo per i servizi di informazione e di sicurezza (Cesis) che, presieduta dall’allora presidente del consiglio Francesco Cossiga, si svolse a Palazzo Chigi il 5 agosto del 1980, a soli tre giorni dalla bomba alla stazione, che vide riuniti intorno al tavolo ministri, rappresentanti apicali della Difesa, delle forze dell’ordine e dei Servizi segreti.
Si tratta di scritti molto fitti, presi a mano, in cui l’allora ministro fa un resoconto dei vari interventi e che, interpretati, potrebbero svelare dettagli finora sconosciuti ed elementi al vaglio dei massimi livelli di governo dell’epoca nel vertice convocato a pochi giorni dall’attentato alla stazione e a poco più di un mese dalla tragedia dell’aereo dell’Itavia.
Del resto fino ad oggi di quella riunione c’era solo il resoconto ufficiale, finito al centro dei lavori della Commissione parlamentare di inchiesta del terrorismo e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi, presieduta dall’allora senatore Giovanni Pellegrino. Da quel testo si evince che l’incontro del 5 agosto viene convocato proprio per fare il punto sulla situazione in seguito alla tragedia della stazione di Bologna.
I presenti intervengono a turno, tracciando il quadro degli accertamenti in corso e le ipotesi investigative. Pista principale, emerge dalla ricostruzione del verbale del vertice, è il terrorismo di destra che, come sottolineano sia il Capo della Polizia prefetto Giovanni Rinaldo Coronas sia il generale Umberto Cappuzzo, comandante generale dell’Arma dei Carabinieri, tende prevalentemente ad “azioni ad effetto destabilizzante” o di “terrore” rispetto al terrorismo di sinistra. Cossiga e l’allora Capo della Polizia, prefetto Giovanni Rinaldo Coronas, sottolineano che le stesse “modalità di esecuzione della strage riconducono alla destra eversiva”.
Nel giro di tavolo emerge il possibile ruolo dei Nar, anche se il Sisde avanza “dubbi” su tale matrice per Bologna “in quanto questa organizzazione a differenza di altri gruppi della destra eversiva ha mutuato i modi di agire tipici delle Br, realizzando in genere attentati contro obiettivi selezionati”. Poi, voce fuori dal coro, quella del ministro dell’Industria, Antonio Bisaglia, che seppure ritiene da tenere in “massima considerazione” l’ipotesi dell’eversione di destra, ipotizza un “collegamento tra l’attentato di Bologna e l’incidente, accaduto alla fine dello scorso giugno, a un Dc9 dell’Itavia in viaggio da Bologna a Palermo” ossia la strage di Ustica, incidente che, secondo i primi accertamenti richiamati dal ministro dei Trasporti Salvatore Formica, “potrebbe essere dovuto a una collisione in volo oppure ad una forte esplosione”. Ma sulla base di quali informazioni viene fatto un collegamento tra le due stragi?
Il passaggio sul possibile legame tra la strage della stazione e il caso Ustica e l’eventuale pista libica saranno, anni dopo, al centro delle indagini svolte dal giudice Rosario Priore che, con una serie di interrogatori con i partecipanti, approfondisce proprio i contenuti al centro di quella riunione del 5 agosto chiedendo anche conto di quanto ipotizzato dallo stesso Bisaglia. E’ l’anno 1995. La maggior parte delle autorità ascoltate dal magistrato, tra le quali lo stesso ministro della Difesa dell’epoca Lelio Lagorio, afferma di non ricordare che si è tenuto il vertice del Ciis indetto dopo la strage della stazione. Nessuno degli ascoltati, in particolare, rammenta l’intervento di Bisaglia e il possibile collegamento tra il Dc9 e la bomba alla stazione.
E’ vero, sono passati ben quindici anni da quella riunione. Ma nessuno dei partecipanti ne ha memoria e tantomeno ha memoria di quella pista, ripresa e sollevata anni dopo in Commissione Stragi dal senatore Giuseppe Zamberletti, nella X legislatura, e dal deputato Vincenzo Fragalà, nella XIII legislatura. Proprio quest’ultimo, in una riunione della stessa Commissione del 29 settembre 1998, fa riferimento al “verbale supersegreto riservatissimo del Ciis, della riunione del Comitato interministeriale di sicurezza del 5 agosto 1980, tre giorni dopo la strage di Bologna”.
“Ebbene – precisa – questo verbale segretissimo fu tenuto tale per 16 anni e addirittura, alla fine di questo verbale, si disse tra i presenti: non se ne deve parlare ai magistrati. Voi sapete che abbiamo chiamato tutti i presenti a quella riunione e tutti hanno detto di non ricordare nulla, di avere dimenticato tutto, di non sapere e di non ricordare nulla su quel problema della pista libica”.
Ora, tra i documenti riversati nell’archivio di Stato in seguito alle ultime desecretazioni, spunta invece un nuovo resoconto, non ufficiale, di quel vertice: la relazione personale dell’allora ministro. Manoscritti ancora inediti che potrebbero svelare altri particolari di quella riunione durante la quale i massimi livelli, istituzionali e degli apparati di sicurezza dello Stato, si confrontarono nell’immediatezza della strage della stazione di Bologna, per la quale sono stati condannati gli ex Nar Francesca Mambro, Valerio Fioravanti e Luigi Ciavardini in via definitiva, Gilberto Cavallini in primo grado e in appello e Paolo Bellini in primo grado come esecutori materiali, e anche sulla tragedia dell’aereo dell’Itavia a Ustica rimasta senza una sentenza penale mentre in sede civile i ministeri della Difesa e dei Trasporti sono stati condannati a risarcimenti.
(CON FONTE ADNKRONOS)
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