«Il fatto che la Fröhlich sia stata arrestata in Italia è considerato un male minore, dal momento che è possibile il suo rilascio in tempi relativamente brevi, grazie ai buoni rapporti tra l’Olp e i servizi segreti italiani».
Queste le sconcertanti parole di previsione (fortunatamente smentite), attribuite al gruppo Carlos e contenute in un rapporto inedito della Stasi del 30 giugno 1982, redatto dodici giorni dopo l’arresto della terrorista tedesca all’Aeroporto di Fiumicino mentre transitava con una valigia carica di esplosivo.
Una sorta di sintesi del “lodo Moro” formulata dai vertici di “Separat” e redatta dalla polizia segreta dell’allora Ddr sulla base delle informazioni acquisite parlando personalmente con i capi dell’organizzazione terroristica internazionalista capeggiata dal venezuelano Ilich Ramirez Sanchez (alias Carlos). Il titolo del documento è eloquente: “Rapporto sulla cattura del soggetto Fröhlich a Roma” (XV 2833/81 “Separat” – 17463/91 Bd. 7 – BStU 00135). Con ogni probabilità, a passare queste informazioni ai funzionari della Stasi è stato Johannes Weinrich (alias Steve), numero due di “Separat” e braccio destro di Carlos.
Christa-Margot Fröhlich (la scheda), iscritta dalla Procura di Bologna insieme a Thomas Kram sul registro degli indagati nell’ambito del procedimento penale n. 7823/05 (“indagini sul delitto di strage avvenuto alla Stazione di Bologna in data 02.08.1980”), nella sua valigia trasportava in un doppio fondo 3 chili e mezzo di miccia detonante, composta di esplosivo ad alto potenziale T4, oltre ad un timer e due detonatori elettrici. L’ordigno era pronto per esplodere.
La notizia dell’arresto fu diffusa solo qualche giorno dopo e i giornali la ripresero con notevole risalto, pubblicando anche foto della donna in prima pagina. Un titolo su tutti: “Nei piani della terrorista una strage tipo Bologna?” (l’Unità, 22 giugno 1982).
Christa-Margot Fröhlich, nata nel 1942 a Kalisz (Polonia), ma cittadina tedesca, grazie ai documenti della Stasi che abbiamo potuto consultare, era entrata nelle Cellule rivoluzionarie (Rz) nei primi anni ‘70, al seguito di Wilfried Böse e Brigitte Kuhlmann entrambi uccisi il 4 luglio 1976 a Entebbe in Uganda durante il blitz (“Operazione Thunderbolt”) delle forze speciali israeliane che pose termine al dirottamento di un aereo della Air France da parte di un commando del Fronte popolare per la liberazione della Palestina (Fplp).
All’inizio del 1980, fu proprio Thomas Kram a far arruolare la Fröhlich nel gruppo di Carlos. Nei documenti della polizia segreta della Germania Est e in quelli dell’AVH, il servizio segreto ungherese, è documentato un viaggio della Fröhlich a Budapest il 22 febbraio 1980. La terrorista si trattenne nelle capitale ungherese fino al 25 febbraio e fu forse in quell’occasione che avvenne l’investitura nel quartier generale di Carlos, una villetta in via Vend.
A Fiumicino, il 18 giugno 1982, alla Fröhlich furono sequestrati due passaporti falsi: uno intestato a Beatrix Odenhal e uno a Marie Zimmermann, a dimostrazione che la Fröhlich, diversamente da Kram, faceva parte dell’ala “illegale” del gruppo Carlos, ovvero di coloro i quali operavano e si muovevamo con identità false. Johannes Weinrich, ad esempio, aveva almeno quattro differenti identità (Ali Bin Ali Thabet, Kamal Amer Saeed, Salibi Jean, Husaien Abdul Nabi Mohamed) con relativi passaporti diplomatici yemeniti e siriani.
All’epoca, la Fröhlich pur non essendo ricercata dalle autorità della Repubblica federale che la ritenevano una simpatizzante delle organizzazioni di sinistra e nulla più, operava già in forma illegale.
Il gruppo Carlos, come spiega un altro rapporto della Stasi, per scegliere i suoi membri, attingeva preferibilmente alle Cellule rivoluzionarie per via della rigida compartimentazione di questa organizzazione e per il fatto che i suoi appartenenti fossero fra loro legati da vincoli di militanza e solidarietà molto forti e di lunga data.
Una regola aurea delle Rz era «legal Leben, illegal Kämpfen»: vivere legalmente, combattere illegalmente.
Contrariamente alla Fröhlich, Thomas Kram, entrato anch’egli a far parte di “Separat” a metà del 1979, in quel periodo operava alla luce del sole, legalmente e viaggiava sempre con i propri documenti per non destare i sospetti dei servizi di sicurezza occidentali.
Il passaporto con la sua vera identità, conservato in un fascicolo della Stasi intitolato “Membri del gruppo Carlos” (MfS – HA XXII Nr. 338/2), contiene oltre sessanta timbri d’ingresso nella Ddr, un timbro austriaco e un paio di timbri ungheresi. Anche in Italia, come sappiamo, viaggiò tra il settembre 1979 e il 1° agosto 1980 utilizzando sempre documenti regolari, come carta d’identità o patente.
Come recita il mandato di cattura emesso il 6 dicembre 2000 dalle autorità tedesche, «per quanto concerne la falsificazione dei passaporti Kram nell’associazione era uno degli specialisti», ma sembra che nei contesti finora richiamati egli non utilizzasse per sé questa sua competenza.
Non sappiamo chi confezionò i documenti falsi ritrovati alla Fröhlich a Fiumicino nel giugno 1982, ma è sicuramente interessante osservare la descrizione che ne danno gli uomini della Stasi: «Per la realizzazione del suo viaggio le si fece avere un passaporto austriaco e uno tedesco, entrambi completamente falsi e, grazie alla loro elevata qualità, visivamente irriconoscibili come falsificazioni». Una rete eversiva composta da professionisti, dunque, che poteva, oltre alle loro expertise, vantare appoggi, coperture e aiuti da parte dei Paesi dell’Europa del blocco sovietico, del Medio Oriente, nonché dai relativi servizi segreti.
Emblematica, in tal senso, la descrizione della fase preparatoria del viaggio della Fröhlich: «La valigia era stata preparata in precedenza in un Paese arabo. Quindi fu effettuata una radiografia per testare se il contenitore contenente l’esplosivo potesse passare inosservato ad un eventuale controllo di sicurezza in aeroporto. Il test risultò negativo, e la valigia fu quindi consegnata alla Fröhlich».
E in effetti, almeno stando alla dinamica ufficiale apparentemente avvallata anche dalla Stasi, la Fröhlich fu arrestata non perché il controllo doganale avesse rilevato l’esplosivo nascosto, ma poiché, «evidentemente a causa di un errore comportamentale, si era resa sospetta».
Sulla Fröhlich, «chiusa nel più assoluto mutismo da lei non si riesce a sapere nulla» (“Stampa Sera”, 22 giugno 1982), sapevano di poter contare anche i suoi sodali di “Separat”. Infatti, il documento della Stasi del 30 giugno 1982 si spinge ad affermare: «Ora, stando alle valutazioni del gruppo, la Fröhlich non farà alcuna dichiarazione incriminante nei confronti dello stesso, e quindi non sussistono pericoli né per esso, né per i suoi contatti. […] È considerata una militante esperta ed affidabile. Il gruppo “Separat” le ha procurato un avvocato e si è impegnato a fare tutto il possibile per ottenere la sua liberazione». Una irriducibile insomma, che, senza pentimenti o cedimenti verso il pentitismo, verrà condannata a sei anni e quattro mesi che sconterà interamente, senza sconti, nel carcere di Latina dove conoscerà Sandro Padula, figura di spicco della colonna romana delle Brigate rosse dopo l’arresto di Mario Moretti.
Ma dove era diretta la Fröhlich con il suo ordigno? A Fiumicino, al taxista a cui si era rivolta prima di essere richiamata dai doganieri, aveva indicato come meta la stazione Termini. Nella borsa che le venne sequestrata furono trovati l’indirizzo di un hotel di Torino, appunti sugli orari dei treni per Parigi e una piantina della capitale francese. Dunque era quella la sua meta? Ma soprattutto era quella la destinazione finale dell’esplosivo?
È quello che pensa anche la Stasi: «le autorità italiane e francesi presumono che la bomba dovesse essere trasportata in Francia».
In effetti, in quei mesi, il gruppo “Separat” stava compiendo in Francia una serie di attentati pianificati da Carlos per piegare il governo di Parigi a liberare la sua compagna, Magdalena Kopp, arrestata a Parigi insieme allo svizzero Bruno Breguet, il 16 febbraio 1982. Carlos in persona, dopo aver richiesto la liberazione dei “compagni” con una lettera il 26 febbraio, scatenò come ritorsione una durissima campagna di attentati.
Il 29 marzo una bomba sul treno Parigi-Tolosa “Le Capitol” causò 5 morti e 77 feriti. Il 22 aprile un’autobomba posta davanti agli uffici della sede del settimanale filoiracheno Al-Watan al-Arabi (di orientamento antisiriano) in rue Marbeuf a Parigi causò un morto e 63 feriti. Questa catena di attentati avrà il suo culmine il giorno di San Silvestro del 1983 con il doppio attentato al TGV vicino a Tain l’Hermitage e alla stazione di Saint-Charles a Marsiglia che causò complessivamente 5 morti e 50 feriti.
E proprio su queste vicende il 7 novembre si aprirà a Parigi il processo a Carlos, già condannato all’ergastolo per il triplice omicidio in rue Toullier (27 giugno 1975).
È quindi ragionevole ammettere che il gruppo “Separat” abbia dimostrato, almeno nell’occasione citata, di saper mettere in atto sanguinose azioni ritorsive, vere e proprie stragi indiscriminate, quando in ballo c’è la liberazione di “compagni” finiti in carcere. Il testo del rapporto della Stasi a riguardo è molto chiaro: «Sebbene la bomba sia stata scoperta per puro caso, il gruppo “Separat” è dell’avviso che essa abbia provocato comunque un forte effetto minatorio presso le autorità francesi. Perciò s’intende dare tempo agli organi francesi in modo che essi possano cercare delle occasioni per un eventuale rilascio dei detenuti Kopp e Breguet. Nel caso non ci sia nessuna reazione positiva entro qualche settimana, il gruppo sarà pronto ad organizzare e realizzare un nuovo attentato terroristico in Francia».
Determinazione e spietatezza. Due caratteristiche inscindibili da Carlos e dai suoi uomini. Ma la sperata, rapida liberazione della Fröhlich da parte delle autorità italiane non avvenne così come avevano anticipato i vertici di “Separat” alla Stasi. Il “lodo Moro” in quell’anno probabilmente fu soggetto a vincoli internazionali più stringenti. Forse la Francia, la quale, come abbiamo ricordato, stava subendo le azioni ritorsive di Carlos, pose un veto su eventuali atti di eccessiva indulgenza da parte del governo italiano nei confronti della Fröhlich.
La terrorista tedesca verrà rilasciata solo nell’autunno del 1988 e immediatamente espulsa. Tornata in Germania, sposerà per procura il brigatista Sandro Padula conosciuto in carcere. Arrestata nuovamente a Roma il 28 ottobre 1995, verrà estradata in Francia dove resterà in carcere fino al dicembre 2000.
Ma se il metodo di “Separat” era questo, la mancata liberazione della Fröhlich che cosa ha comportato per il nostro Paese? Difficile dirlo.
Di certo, andrebbe approfondito quanto emerge in un altro resoconto della Stasi del 18 gennaio 1985, con oggetto “Separat”, compilato dal capitano Wilhelm Borostowski, che insieme al maggiore Helmut Voigt, capo della Sezione 8ª del XXII Dipartimento, aveva in carico la gestione della pratica “Separat” (MfS HA XXII/8 – D4949).
In questo documento si stavano prendendo in considerazione delle misure operative al fine di stornare, almeno formalmente, i legami esistenti tra la Stasi e il gruppo Carlos, poiché le recenti attività di quest’ultimo in Europa stavano attirando eccessivamente l’attenzione dei servizi d’intelligence occidentali: «Relativamente agli attentati commessi ai danni degli interessi francesi in Francia ed a Berlino Ovest alla fine del 1983, inizio 1984, abbiamo informazioni certe che consentono di constatare delle attività diversificate dei servizi di polizia e di giustizia atte a localizzare ed identificare i membri del gruppo nella Repubblica Democratica Tedesca e in altri paesi socialisti».
Fra le «azioni terroristiche che recentemente si sono di nuovo verificate» e che hanno messo in allarme «la parte avversa che potrebbe raccogliere nuove informazioni sugli spostamenti di soggiorno ed attività del gruppo “Separat”. Informazioni che potrebbe utilizzare per screditare politicamente la Ddr e gli altri stati socialisti», si cita insieme ad altri, «in via esemplificativa», «l’attentato dinamitardo sul treno Bologna-Firenze del 23.12.1984».
Acquisito agli atti della Commissione Mitrokhin nell’ambito della rogatoria in Francia dell’ottobre 2004, questo importante documento della Stasi è stato immediatamente trasmesso per competenza alla Procura della Repubblica di Firenze per gli approfondimenti relativi alla strage di Natale, e cioè l’attentato al treno rapido 904 (proveniente da Napoli e diretto a Milano), compiuto il 23 dicembre 1984 (17 morti oltre 250 feriti).