moro_verita_negataNato a Luino nel 1966. All’età di quindici anni si avvicina al teatro amatoriale con la “Compagnia S. Sebastiano” di Palazzolo S/O.

Collabora poi, con altre compagnie teatrali amatoriali, tra cui “La Maschera” di Palazzolo S/O, il “CTC” di Chiari, la compagnia teatrale di Pontoglio.

Frequenta in seguito, “L’accademia d’Arte Drammatica” di Milano e successivamente il D.A.M.S. di Bologna.

Ha lavorato in Parlami d’amore Mariù e Il Grigio di Giorgio Gaber e Sandro Luporini, poi come attore professionista nella compagnia di Piero Mazzarella. Come autore, ha scritto testi di successo fra cui Finalmenteunuomo, Attimi d’amore, Le avventure del sior Toneit.

Il 31 marzo 2008 a Roma ha presentato il film ‘Moro, la verità negata’.

Protagonisti della vita politica e sociale dell’epoca narrano fatti e circostanze inedite. Ex ministri, agenti segreti, amministratori pubblici, legali e ufficiali dell’Esercito e della Marina militare, raccontano.

La pellicola è stata iscritta alle pre selezioni del Festival del Cinema di Cannes 2008, dell’Internazionale Critics Week 2008, del Quinzaine des Rèalisateurs 2008.

“Non è un documentario, nè una narrazione – spiega il regista – Il mio è un film diverso, è un film d’inchiesta, un’inchiesta come mai è stata fatta sul più grande, controverso e oscuro delitto politico della storia italiana“.

L’intervista a Carlo Infanti è avvenuta a più riprese a partire dal 24 luglio 2008.

Infanti, tra il 16 marzo e il 9 maggio scorsi ricorreva il trentennale dei 55 giorni più drammatici della storia dell’Italia repubblicana. Quei giorni si aprirono a Roma in via Fani con il sequestro, da parte delle Brigate rosse (siamo certi solo dalle Br? Sono molti gli indizi che ci spingono a ipotizzare che le Br abbiano svolto più un compito di carcerieri piuttosto che di assassini e rapitori e mandanti!!), di Aldo Moro, allora presidente del Consiglio nazionale della Democrazia cristiana, con la strage dei cinque uomini della sua scorta, e si chiusero con il ritrovamento del cadavere di Moro nel bagagliaio di una Renault 4 in via Caetani. Come era facilmente prevedibile, nel corso di questo anniversario si sono sviluppate numerose iniziative dedicate alla rievocazione di quei tragici avvenimenti: abbiamo assistito alla pubblicazione di molti volumi, alcuni dei quali di grande rilievo, all’organizzazione di un importante convegno a Cento (Ferrara), (e al quale non sono stato invitato J) purtroppo quasi completamente snobbato dalla stampa, alla messa in onda di programmi televisivi che hanno rievocato l’evento. Tra queste iniziative, un posto importante spetta sicuramente al suo film intitolato “Moro: la verità negata”. Sappiamo che la sua opera è stata presentata a Roma alla stampa estera lo scorso 31 marzo. In che cosa il suo film si differenzia rispetto a precedenti produzioni cinematografiche come ad esempio “Il Caso Moro” di Giuseppe Ferrara, del 1986, o a quelli più recenti, “Buongiorno, notte” di Marco Bellocchio e “Piazza delle Cinque Lune” di Renzo Martinelli, entrambi del 2003? 

Credo si possa sintetizzare in tre fondamentali differenze

•1) Il mio film non nasce come ricerca o approfondimento sul caso “Moro” ma come ricerca e approfondimento sul “caso” del’Aquila di Scandiano questo mi porta ad avvicinarmi alla strage di via Fani al sequestro del presidente Moro e al successivo omicidio libero da condizionamenti e ricostruzioni depistanti.

•2) Il mio film non è una ricostruzione ma una ricerca fatta 30 anni dopo dai diretti protagonisti dell’epoca infatti gli attori sono i protagonisti stessi di quei giorni, tra i quali cito Giovanni Galloni, Francesco Forte, Falco Accame, Maria Fida Moro, Il sindaco e tutta la giunta di Gradoli dell’epoca, Piero La Porta, l’avvocato Cesare Placanica e tanti altri, tutti interpretano se stessi.

•3) Il mio film, che ha come filo conduttore il portare a conoscenza di tutti ciò che è stato censurato sulla vicenda Moro, ha cambiato radicalmente lo scenario nel quale si è consumato il tragico evento. La vera difficoltà è stata documentare tutto ciò che mi veniva detto con testimonianze e documenti che mettessero al riparo me e tutta la produzione da eventuali ritorsioni, quindi tutto quello che viene detto e fatto vedere nel film è rigorosamente documentato e dimostrato.

Il suo film doveva essere presentato a Cannes. Sarebbe stata una “vetrina” prestigiosa e molto importante. Ma poi non ci sembra sia stato selezionato. E’ così?

Si è così il fatto strano è che l’esclusione mi è stata notificata 2 giorni dopo la conferenza stampa di Cannes quando tutti sanno che le esclusioni vengono comunicate dai 2 ai 5 giorni prima della conferenza stampa dei film selezionati.

Le difficoltà in cui si ritrova ormai da molti anni l’industria cinematografica, in particolare quella italiana, e soprattutto il contenuto “scomodo” dell’opera, immaginiamo stiano rendendo difficile la distribuzione del film stesso: a che punto è la situazione? Lo vedremo nelle sale cinematografiche?

Sono molti i segnali di interesse per la distribuzione ma nulla si sta concretizzando però bisogna anche ammettere che i tempi per la valutazione e la decisione di distribuire un film sono piuttosto lunghi e il mio è relativamente giovane, ci sono film che vengono distribuiti anche dopo qualche anno, quindi attendo fiducioso, mi consola che sto seguendo personalmente tutte le fasi di presentazione del film alle case di distribuzione e i segnali sono interessanti.

La possibile “censura del mercato” potrebbe essere aggirata trasformando il film in DVD, distribuito tramite internet?

Allo stato attuale non voglio pensare ad una “censura del mercato”, il nostro approccio è e resta di confronto con un “mercato libero” e la distribuzione tramite internet è certamente uno dei tanti mezzi da prendere seriamente in considerazione che per altro ritengo personalmente molto interessante.

Per venire ad alcune vicende più specifiche riguardanti le tematiche affrontate nel suo film, vorremmo sottoporle alcune domande sulla annosa questione di “Gradoli”, in particolare sulla “perquisizione” del 6 aprile 1978. Prendiamo spunto da una sua precedente intervista al quotidiano “La Provincia” del 15 maggio scorso (leggibile in rete). Lei, per la prima volta dopo la pubblicazione della Relazione di maggioranza della Commissione Moro nel giugno 1983, ha apportato un nuovo e originale contributo sulla “perquisizione” nel comune di Gradoli intervistando il sindaco (e la) della giunta del 1978. Alcuni stralci tratti dal suo film sono stati mostrati su Canale 5 nel programma ”Terra”, curato da Sandro Provvisionato. Dalle testimonianze che Lei ha raccolto è “venuto a sapere che questa perquisizione a Gradoli, non c’è mai stata” e che pertanto “nessuno fece perquisizioni nel paese di Gradoli, sul lago di Bolsena, neppure vennero fatte delle ricerche”. Negli atti della Commissione Moro ci sono due documenti (reperibili entrambi nel vol. XXVII, 1988, alle p. 33 e 35) molto importanti in quanto scritti il 5 e 6 aprile 1978. Si tratta di un appunto manoscritto di Luigi Zanda, addetto stampa del ministro dell’Interno Cossiga, e di una breve relazione del vice questore di Viterbo. Da questi due documenti si evince che il 6 aprile 1978, tra le ore 11,30 e le 13 nel “territorio del comune di Gradoli” (pertanto non all’interno del paese di Gradoli) venne effettuato un “accurato rastrellamento” nel corso del quale furono ispezionate “varie case coloniche in stato di apparente abbandono con le relative dipendenze, nonché grotte e ripari naturali”. Le forze dell’ordine, complessivamente 22 militari tra guardie di P.S. e carabinieri al comando di due ufficiali e dello stesso vice questore di Viterbo, avevano infatti l’ordine di cercare e controllare una “casa isolata con cantina” “lungo la statale 74″, dove avrebbe potuto trovarsi la prigione di Aldo Moro. Il rastrellamento diede naturalmente esito negativo (i virgolettati sono tratti dai due citati documenti).

Questi due documenti non sono in contrasto con la testimonianza del sindaco del tempo da Lei intervistato, tuttavia documentano – almeno fino a prova contraria – che una “perquisizione” o “rastrellamento” ci fu: non all’interno del paese di Gradoli, ma nel territorio circostante di quello stesso comune.

Lei ritiene che questi due documenti siano stati manipolati, o addirittura che siano dei falsi?

No non li ritengo ne falsi ne manipolati, anzi sono l’unica cosa vera, è quello che ruota attorno a quei documenti che mi ha incuriosito, mi spiego meglio:

•1) Perché se l’indicazione all’origine di quella perquisizione era Gradoli Viterbo Bolsena si è perquisito solo alcune grotte e qualche casolare abbandonato e solo per un paio d’ore e viene definito accurato? Vi invito a fare un giretto nel paesino di Gradoli, in 2 ore non riesci a vedere neppure il 2% del territorio con soli 22 uomini. (forse era solo una farsa?)

Per altro tutti gli abitanti del paesino di Gradoli hanno saputo della perquisizione solo dopo il 18 di Aprile del 1978 cioè solo dopo la scoperta del covo di via Gradoli.

•2) Perché il presidente di quella commissione Pellegrino da 30 anni si ostina a dire che il paesino di Gradoli sia stato messo a fuoco e ferro da centinaia di uomini in tenuta mimetica? Perché continua a sostenere di avere ancora negli occhi quelle immagini trasmesse dalla tv? Nulla è stato scritto su quella perquisizione e nulla è stato trasmesso in tv!!! Vi invito a leggere “Segreto di Stato” pubblicato nel Marzo del 2008 dove Pellegrino a pag. 180 ribadisce ancora dopo trent’anni quelle dichiarazioni.

•3) Perché chi sapeva che a Gradoli non ci fu perquisizione ha sempre taciuto lasciando che continuasse questa farsa per oltre 30 anni? Ed erano in molti a saperlo!!!!!

Sempre nell’intervista al quotidiano “La Provincia”, Lei fa un’altra clamorosa affermazione, ossia che “il filmato della Rai, che mostra i carabinieri mentre fanno irruzione nelle case [del paese di Gradoli], è fasullo”. Lei è riuscito quindi ad accedere agli archivi della Rai e a vedere di persona questo filmato? E’ stato trasmesso durante un telegiornale? Ed esattamente quando? Inoltre, in base a quali elementi è possibile stabilire che il filmato è ” fasullo”?

Si io sono in possesso di quel filmato che è accessibile a tutti basta farne richiesta o andare in qualsiasi archivio storico. Il filmato è stato girato in occasione della scoperta del covo di Via Gradoli quindi presumibilmente tra il 18 e il 20 aprile 1978 e mostra l’interno del covo di via Gradoli ed è stato trasmesso durante un tg il conduttore credo di ricordare fosse Bruno Vespa. Non so se sia fasullo il filmato o le informazioni sul covo ma è certo che nel video il numero civico mostrato con tanto di campanello sul quale si legge il nome di Borghi è il numero 27 mentre è notorio che il civico dichiarato era il 96!!!

Un altro elemento del tutto nuovo che Lei ha scoperto è che tre giornalisti del “Messaggero”, dell’”Avanti” e dell’”Unità” si recarono a Gradoli, ma non scrissero nulla di questa vicenda. Si recarono a Gradoli il 6 aprile 1978, o dopo? Come seppero che c’era “qualcosa” da seguire a Gradoli? E chi erano esattamente questi giornalisti?

Secondo il vice sindaco di Gradoli i tre giornalisti si recarono al paesino il giorno stesso della perquisizione e lui li incontro a casa sua, anzi per la verità loro erano già in casa quando lui rincasò dopo il lavoro.

Come seppero che c’era “qualcosa” da seguire a Gradoli? E chi erano esattamente questi giornalisti?

A queste due domande sono costretto a soprassedere in quanto sono le stesse alle quali ho lasciato il compito ai giornalisti (erano davvero molti) presenti alla conferenza stampa di dare risposta, sto ancora aspettando che qualcuno di loro cominci seriamente a fare il suo mestiere.

Per chiudere, un’ultima domanda. Lei ha detto che “nel film si vede chiaramente che via Gradoli aveva un legame con uno degli ‘‘spiritisti””. Ci può dire qualche particolare in più su questo argomento?

Lo “spiritista” a cui mi riferisco è proprio l’Aquila di Scandiano, il quale per una deduzione a cui giunge l’avvocato Placanica era probabilmente in rapporto con un noto avvocato di Roma (Claudio Palandri) il quale era amministratore della Gradoli Immobiliare che a sua volta era controllata dalla Fidrev società notoriamente di copertura dei servizi segreti italiani e dove al suo interno vi era come amministratore un altro avvocato Palandri guarda caso il Padre di Claudio Palandri. Ciò che è certo al 100% è che l’avv. Claudio Palandri fu nomitato dall’Aquila di Scandiano suo avvocato di fiducia e autenticò la firma di Romano Prodi nella querela fatta a due giornalisti ricordo il nome di uno di loro Sorti, di cui ho tutti i documenti di tutta la pratica processuale, che si conclude con una rapidissima rimessa della querela da parte dell’Aquila di Scandiano nei confronti di tutti gli imputati proprio quando l’avvocato Placanica decide di comunicare al giudice del processo che esiste anche questa circostanza di rapporto tra Prodi e Palandri a cui lui (Placanica) intende fare delle domande a Prodi.

Gabriele Paradisi