Spesso ha contribuito l’incompetenza dei giornalisti, chiamati in fretta e furia a documentarsi su una vicenda così complessa senza poter sfruttare il bignamino dei tuttologi, ossia wikipedia, ma più spesso ancora è intervenuto in alcuni l’affanno di voler a tutti costi sostenere e salvaguardare la verità giudiziaria fin qui raggiunta. Sentimento legittimo, ma che dovrebbe andare sempre di pari passo con una informazione corretta. Raccontare ai lettori falsità sesquipedali confidando sul fatto che le verifiche e i riscontri su quanto s’è scritto sono difficili se non impossibili ai più, non ci sembra un comportamento deontologicamente corretto.

Vediamo dunque, poiché noi alcuni di questi riscontri li abbiamo fatti sulle carte giudiziarie, perché l’affermazione della Di Giovacchino è letteralmente, documentalmente, un falso. Non basta infatti accostare qualche elemento verosimile, richiamare qualche nome che è stato realmente coinvolto nella situazione descritta, per rendere vera una ricostruzione del tutto artefatta.

La Di Giovacchino quando tira in ballo il “giovane funzionario della Interpol” Giovanni De Gennaro, più noto come Gianni, si riferisce ad un episodio avvenuto nel 2001 (non quindi una ventina di anni fa), quando l’attuale Direttore del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (Dis) aveva già 53 anni ed era Capo della Polizia. Ma l’errore non sta tanto nell’età sbagliata, in fondo a cinquant’anni si è sicuramente ancora giovani, l’errore è proprio in ciò che viene attribuito a De Gennaro, e cioè di aver scagionato in un “rapporto”, da qualsiasi responsabilità sulla strage alla stazione, Kram (che in albergo fornì in realtà la patente e non il passaporto) e la Fröhlich.

Vediamo come andarono esattamente le cose.

la Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione (leggasi De Gennaro), inviò l’8 marzo 2001 o nei giorni immediatamente successivi, alla Questura di Bologna, Divisione Investigazioni Generali ed Operazioni Speciali (Digos), 3a Sezione Antiterrorismo, un rapporto nel quale si pregava “voler disporre ogni opportuno accertamento per verificare la presenza del KRAM a Bologna in date prossime al noto attentato del 2 agosto 1980, riferendone l’esito all’autorità giudiziaria per l’eventuale avvio di ulteriori indagini da svolgersi anche all’estero.

Il dirigente della Digos bolognese, dr. Vincenzo Rossetto, il 18 aprile 2001, inviò una “segnalazione” alla Procura della Repubblica di Bologna, in particolare al sostituto procuratore dr. Paolo Giovagnoli. In questo documento di cinque pagine, nel quale veniva taciuto il nome di De Gennaro, oltre a confermare “l’effettiva presenza del Kram in Bologna la notte tra 1 e il 2.8.80” (si allegava fotocopia della pagina 130 del registro alloggiati dell’Albergo Centrale di via della Zecca 2), venivano fornite diverse interessanti informazioni su Kram.

La nota di De Gennaro era scaturita da una richiesta delle autorità di Polizia tedesche che avevano necessità di verificare “l’attualità dei contatti” tra una terrorista latitante, tale Adrienne Hagate Gerhauser, e alcuni cittadini tedeschi residenti in Italia. Le autorità della Repubblica federale avevano inoltre segnalato che la terrorista poteva trovarsi in compagnia di altri due latitanti esponenti delle Cellule rivoluzionarie: Juliane Balke e appunto Thomas Kram.

Nel contesto delle raccolta di informazioni sulle attività dei predetti terroristi” era stata approfondita la figura di Kram, presunto appartenente alla cosiddetta Brigata Internazionale Antimperialista. Era così emerso, tra le altre cose, che Kram aveva “mantenuto contatti con tale Heidi, che non è escluso possa identificarsi nella nota Christa-Margot Fröhlich, elemento di spicco del gruppo Carlos”. Veniva infine segnalato che “al Ced il prefato [cioè Kram]” risultava:

In data 29.04.1983 inserito vigilanza e segnalazione dal Servizio di Sicurezza dal Ministero dell’Interno quale estremista di destra;

In data 14.11.1995 è inserito quale soggetto eversivo in ambito di terrorismo internazionale.

In calce al documento della Questura, il sostituto procuratore, scrisse di suo pugno il 18 aprile stesso: “Al signor Procuratore per le valutazioni e annotazioni di sua competenza. Suggerisco l’iscrizione a modello 45” [atti non costituenti notizia di reato]. Il suggerimento venne raccolto da Luigi Persico, così il procedimento penale 788/01-K restò di fatto un fascicolo interno alla Procura, archiviabile senza dover interessare il Gip.

Il giorno 23 aprile, lo stesso sostituto procuratore Giovagnoli redigeva una delega indirizzata alla Digos e al comandante del Ros di Bologna (Raggruppamento operativo speciale dei Carabinieri), consegnata presumibilmente il 24 aprile, stando almeno alle firme in calce dei rispettivi destinatari, in cui chiedeva di “riferire ogni utile elemento di valutazione in merito alla eventuale presenza in Bologna il 2-8-80 di persone legate all’eversione di sinistra tedesca e sul rilievo che ciò potrebbe avere per le indagini in riferimento”.

Questo, di fatto, risulterà l’unico atto formale di Giovagnoli, per quanto riguarda le indagini nei confronti di Kram. Le “ulteriori indagini” caldeggiate da De Gennaro non vennero fatte né all’estero né in Italia. Infatti, il giorno 24 aprile, lo stesso dirigente della Digos Vincenzo Rossetto, autore della segnalazione del 18 aprile precedente, inviava una breve comunicazione in cui affermava che “gli ulteriori accertamenti esperiti hanno permesso di appurare che il Kram risulta essere sconosciuto in questi atti. Il nominativo del medesimo interrogato al Ced ha dato esito negativo. Ad ogni buon conto si trasmette copia del mandato di cattura in lingua tedesca e la relativa traduzione”.

Non è chiaro come si concilino gli esiti negativi dichiarati dalla Digos, con la mole di dati in qualche modo già forniti su Kram il 18 aprile e con il corposo e dettagliato mandato di cattura emanato dalla Corte Federale di Germania che De Gennaro aveva inoltrato alla Questura di Bologna il 9 aprile e la stessa Digos aveva allegato alla comunicazione del 24 aprile. Non è nemmeno chiaro perché nella segnalazione del 18 su Kram erano stati riportati esiti dal Ced che poi sembrano non esistere più, ma questo è ciò che risulta dalle carte agli atti.

Venendo al mandato di cattura tedesco, esso era datato 6 dicembre 2000 e in dodici pagine sviluppava un profilo di Thomas Kram non certo rassicurante. Coinvolto direttamente nelle azioni terroristiche delle Rz (Revolutionäre Zellen), tra cui due gambizzazioni e un omicidio, Kram risultava rivestire un ruolo centrale nell’organizzazione: “l’indagato, oltre a queste capacità intellettuali, disponeva anche di conoscenze pratiche. Aveva dimestichezza con le armi…”. Un passaggio in particolare avrebbe dovuto suscitare un minimo di attenzione, laddove si diceva che “[Kram] non aveva difficoltà a preparare cariche esplosive e detonatori a tempo”, ma la cosa lasciò del tutto indifferente il sostituto procuratore. Anche oggi, a distanza di anni, va detto che questo passaggio del mandato di cattura sembra non suscitare in molti reazioni di alcun tipo, tanto che, ad esempio, Valter Bielli, capogruppo Ds in Commissione stragi e in Commissione Mitrokhin, in un paio di suoi articoli sull’Unità, dell’8 settembre 2010 reiterato anche il 23 agosto 2011, ha trascritto solo il passo del mandato di cattura immediatamente precedente il citato inciso: “Per quanto concerne la falsificazione dei passaporti Kram nell’associazione era uno degli specialisti”, occultando del tutto la ben più inquietante expertise del nostro.

Fu così che quella comunicazione del 24 aprile 2001 della Digos alla Procura, costituì di fatto la pietra tombale sulle indagini relativamente a Kram, almeno fino al novembre 2005 quando venne aperto il nuovo fascicolo 7823/05 che da modello 44 (registro delle notizie di reato a carico di ignoti) si è recentemente trasformato in modello 21 (notizie di reato attribuite a persone identificate). Infatti Giovagnoli di suo pugno, in calce alla comunicazione della Digos del 24 aprile 2001 scrisse: V[isto], agli atti non emergendo fatti rilevanti per le indagini su fatti di Bologna o dell’Italia PG”. Questo appunto autografo, come ricorderà nelle audizioni presso la Commissione Mitrokhin del 24 e 25 gennaio 2006 Enrico Di Nicola, all’epoca procuratore capo di Bologna rispondendo al posto dello stesso Giovagnoli, costituisce “l’archiviazione amministrativa che si riferisce al Kram”.

Il fascicolo rimase formalmente aperto poi fino al 7 marzo 2002, seguendo (e in questo caso con molto scrupolo) la vicenda di una mitomane tedesca, tale Rosemarie Gerda Eberle, che aveva chiesto di vedere gli atti su Bologna credendosi indagata.

Sull’inchiesta del 2001 è tornato lo stesso Paolo Giovagnoli, ora procuratore capo a Rimini, il 21 agosto 2011 in un’intervista al Resto del Carlino (“Kram voleva parlare, ma aveva paura di inguaiarsi”):

«Non c’erano elementi sufficienti. L’unico elemento certo era la presenza di Kram a Bologna il 2 agosto 1980, mentre non era certa quella della Frohlich. Però la presenza in città, da sola, non basta. Dai riscontri non emerse nulla di concreto. […] Le indagini noi le abbiamo fatte, nonostante ciò che disse allora qualcuno, scatenando polemiche ridicole».

Come si è visto dalle carte agli atti, le indagini su Kram e le “Cellule rivoluzionarie tedesche – strage 2/8/1980”, come recita alla lettera l’intestazione del fascicolo 788/01-K, si protrassero tra il 18 e il 24 aprile 2001, ossia per ben 6 giorni.

di Gian Paolo Pelizzaro e Gabriele Paradisi