“L’ex giudice Carlo Palermo ci ha dato un’informazione nuova. È disposto a rivelare alla magistratura dettagli e nome della sua fonte. In qualità di avvocato, agli inizi di febbraio, ha chiesto alla Procura di Roma la riapertura delle indagini sulla scomparsa di mia figlia Graziella”.
A parlare è Renata Capotorti, madre di Graziella De Palo, la giornalista di Paese Sera scomparsa in Libano nel settembre del 1980 insieme al collega Italo Toni mentre indagava su traffici di armi tra Italia e Medio Oriente. Nella richiesta di riapertura delle indagini presentata da Carlo Palermo, si legge che il viaggio di Graziella e Italo, prima a Damasco e poi a Beirut, fu organizzato e pagato da Nemer Hammad, rappresentante dell’Olp di Yasser Arafat a Roma. Anche per questo i sospetti si concentrarono quasi subito sulla pista palestinese.
L’istruttoria del sostituto procuratore Giancarlo Armati, aperta solo nel 1982, stabilì che il giorno in cui scomparvero, i due giornalisti, prelevati dall’hotel Triumph a Beirut, salirono su una jeep dei miliziani del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (Fplp) di George Habbash, una delle tante organizzazioni palestinesi nate dall’Olp. Da quel momento di Graziella e Italo non si ebbe più notizia. Armati chiese l’arresto di Habbash, poi assolto in tutti i gradi di giudizio per insufficienza di prove. Chiese anche il rinvio a giudizio del generale Giuseppe Santovito, direttore del Sismi, e del colonnello Stefano Giovannone, capocentro del Sismi a Beirut. Poi, nell’estate del 1984, l’apposizione del segreto di Stato fece calare un velo di silenzio sull’intera vicenda.
“Sono passati 39 anni. Ancora non sappiamo nulla, non abbiamo nemmeno una tomba su cui piangere. E adesso, a distanza di tanto tempo, dopo i numerosi depistaggi e l’imposizione del segreto di Stato, arrivano notizie mai rivelate prima”. La madre di Graziella, che ha 95 anni, non ha perso la speranza di fare luce sulla sorte della figlia. Nel 2014 la famiglia ha avuto accesso ad alcuni documenti prima secretati. Ma di altri, forse i più importanti, non è stato possibile nemmeno prendere visione.
La fonte delle nuove rivelazioni raccolte da Carlo Palermo è un ex dipendente del colonnello Giovannone a Beirut. Nel suo racconto non ha lesinato nome e cognome di un politico che l’avvocato Palermo è disposto a condividere con la magistratura. “A un certo punto i due giornalisti vennero informati che un ospite inatteso sarebbe giunto a Beirut, un italiano, un grosso esponente politico. Si sarebbe dovuto incontrare con Arafat, con Gemayel, che era il presidente del Libano, e con altri del governo libanese… I due giornalisti sono stati quindi portati a vedere questo personaggio e da lì loro non potevano più sopravvivere…”.
È una versione della vicenda che assomiglia a quella fornita nel 1981 da Elio Ciolini, personaggio legato ai servizi segreti francesi, in seguito condannato per il depistaggio sulla strage di Bologna. Secondo il suo racconto, il politico sorpreso da due giornalisti nella scottante riunione a Beirut sarebbe stato l’allora ministro delle partecipazioni statali Gianni De Michelis. Queste dichiarazioni nel 1991 costarono a Ciolini un mandato di cattura internazionale per calunnia e falso aggravato ai danni del ministro. In effetti, la fonte di Carlo Palermo nel 2015 fa un altro nome. Quanto a Ciolini resta un personaggio ancora tutto da decifrare. Il 6 marzo 1992, in una lettera indirizzata al giudice istruttore di Bologna Leonardo Grassi, finì per predire che nel marzo-luglio 1992 si sarebbe assistito al “ritorno di una strategia omicida” con “eventuale omicidio di un esponente politico del Psi, Pci o Dc”. Di lì a pochi giorni verrà assassinato il democristiano Salvo Lima. A maggio dello stesso anno, nella strage di Capaci, perderà la vita Giovanni Falcone. Poi a luglio, in via D’Amelio, sarà la volta di Paolo Borsellino.
A essere a dir poco esplosivo è l’argomento di cui, secondo la nuova fonte di Carlo Palermo, avrebbero parlato gli esponenti palestinesi nel corso della riunione con il politico italiano sorpreso dai due giornalisti a Beirut. I discorsi vertevano “…in particolare, su commerci di armi nonché di smaltimento dei rifiuti nucleari provenienti dalle allora attive centrali nucleari italiane, operazioni che allora avvenivano con trasferimento, in particolare in Libano con la nave Zenobia, da diversi porti italiani…”.
È la celebre nave dei veleni Zenobia che viaggiava carica di rifiuti radioattivi come un’altra nave dell’epoca, la Jolly Rosso, di cui finirà per occuparsi nel 1995 il sostituto procuratore di Reggio Calabria Francesco Neri. Anche la Jolly Rosso transitò per il porto di Beirut pochi anni più tardi. Solo che, come scoprirà il pool investigativo di Neri, quelle navi che partivano dai porti italiani con carichi radioattivi diretti in Medio Oriente, non trasportavano solo rifiuti, ma anche materiale nucleare utile per fabbricare bombe atomiche. Cosa avevano scoperto i due giornalisti italiani in Libano? È su questo che avevano messo le mani?
Tra i tanti indizi trascurati nella vicenda della scomparsa di Graziella e Italo ce ne sono alcuni che portano non tanto ai palestinesi, quanto a due paesi all’epoca in piena corsa nucleare. Il primo risale al 17 ottobre 1980. L’ambasciatore italiano a Beirut, Stefano D’Andrea, poco dopo trasferito in tutta fretta in altra sede, con un telegramma classificato “urgentissimo – riservato” comunica al nostro ministero degli Esteri che i libanesi stanno seguendo “una traccia precisa: rapimento da parte di Fatah su richiesta siriana”.
La Siria è uno dei paesi mediorientali che già dagli anni 70 stava cercando di sviluppare un proprio programma nucleare. Come il vicino Iraq: il portiere dell’hotel Triumph, dove alloggiavano i giornalisti, a pochi giorni della loro scomparsa, disse che erano partiti per Baghdad. Fu considerato subito un depistaggio e forse lo era: il portiere era un miliziano del Fplp e in quel momento la strada che dal Libano portava a Damasco e a Baghdad, in guerra con l’Iran, era chiusa. E la Siria appoggiava apertamente Teheran. Con il conflitto in corso l’Iraq di Saddam Hussein pensava più che mai alla bomba atomica. Un mese prima che Graziella e Italo partissero per il Libano nel nostro paese era avvenuta la strage di Ustica: secondo l’ipotesi del giudice Rosario Priore, che si occuperà del caso, il DC9 precipitato al largo delle coste dell’isola sarebbe stato abbattuto nel corso di un trasferimento di materiali dall’Italia all’Iraq.
Furono anni e luoghi caldi per i traffici radioattivi quelli dove scomparvero Graziella e Italo. Il porto di Beirut era la meta delle navi come la Zenobia e la Jolly Rosso. Cosa cela il segreto di Stato rinnovato a distanza di quasi quaranta anni?
Per fare luce sulla vicenda De Palo-Toni, Carlo Palermo adesso ha chiesto la desecretazione di alcuni atti sullo smaltimento delle scorie nucleari. Ma non ha ottenuto nulla. L’ufficio Archivio della Camera dei deputati non ha dato l’accesso agli atti. L’incontro con l’ex presidente della Camera Laura Boldrini gli è stato negato. Ora la palla passa alla procura di Roma alla quale Palermo e la famiglia De Palo chiedono la riapertura delle indagini. La vicenda è ancora aperta: la verità aspetta di essere raccontata da quasi quattro decenni.
MONICA MISTRETTA