(fonte BolognaToday) – Da nuove dichiarazioni di pentiti, la strage nella galleria di San Benedetto Val di Sambro rientrava nella strategia dei Corleonesi dopo le condanne del maxi processo di Falcone e Borsellino.

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Il boss di Cosa Nostra Totò Riina rinviato a giudizio per la strage del Rapido 904, che il 23 dicembre 1984 provocò 16 morti. L’inchiesta è iniziata a Napoli ma, su decisione della Cassazione, è tornata a Firenze. Se ne occupò lo scomparso Procuratore Antimafia Pier Luigi Vigna che già nel 1986 attribuì l’attentato a esponenti di spicco della mafia.
La Dda di Napoli aveva riaperto l’indagine in base alle dichiarazioni di pentiti, tra cui Giovanni Brusca: la strage rientra quindi nella strategia stragista dei Corleonesi come rappresaglia dopo le condanne del maxi processo di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. 


LA STRAGE.  
L’attentato venne compiuto domenica 23 dicembre 1984, nel fine settimana precedente le feste natalizie. Il treno era pieno di viaggiatori che ritornavano a casa o andavano in visita a parenti per le festività. I vagoni intorno alle 19.08 furono colpiti da un’esplosione violentissima mentre percorrevano la direttissima in direzione nord, sull’Appennino tra Firenze e Bologna vicino a San Benedetto Val di Sambro. La detonazione fu causata da una carica di esplosivo radiocomandata, posta su una griglia portabagagli del corridoio della 9ª carrozza di II classe, a centro convoglio: l’ordigno era stato collocato sul treno durante la sosta alla Stazione di Firenze Santa Maria Novella. Gli attentatori attesero che il veicolo penetrasse nel tunnel, per massimizzare l’effetto della detonazione: lo scoppio, avvenuto a quasi metà della galleria, provocò un violento spostamento d’aria che frantumò tutti i finestrini e le porte.

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