La sorte processuale di Mario Scaramella, l’ex consulente del presidente della disciolta Commissione parlamentare d’inchiesta sul dossier Mitrokhin, sarà decisa durante la prossima udienza preliminare davanti al giudice dell’Alta Corte di Giustizia britannica, Sir Robert Owen, aggiornata a dicembre.
L’High Court of Justice, l’organo giurisdizionale britannico di primo grado davanti al quale finiscono i casi giudiziari di particolare rilevanza o gravità, è ufficialmente chiamato a istruire il processo per la morte di Alexander Litvinenko, l’ex colonnello dell’FSB (Il servizio di sicurezza della Federazione Russa, successore del KGB – Secondo Direttorato), avvenuta il 23 novembre del 2006 dopo 22 giorni di agonia. Il dissidente russo ha ingerito una dose mortale dell’isotopo radioattivo polonio 210 il 1° novembre, durante uno degli incontri con ex agenti russi (poi identificati in Andrei Lugovoi, Dmitri Kovtun e un terzo uomo indicato col nome di Vyacheslav Sokolenko) nel Pine Bar del Millennium Hotel a Grosvenor Square a Londra. Nella stessa giornata del 1° novembre, primo pomeriggio, Litvinenko incontrò anche Mario Scaramella nel sushi bar “Itsu” a Piccadilly Circus.
L’incontro era stato richiesto d’urgenza dall’italiano, profondamente allarmato da una serie di email ricevute da parte di un altro russo, collegato all’FSB e residente in Francia, Evgueni Limarev, nelle quali si annunciavano possibili azioni ostili nei confronti di Scaramella e dello stesso Litvinenko. Messo al corrente di questi torbidi segnali d’allarme la cui fonte era Limarev, il defezionista russo rispose sprezzante: «It’s pure shit».
Litvinenko e Scaramella avevano a lungo collaborato nell’ambito delle attività della Commissione Mitrokhin. Il defezionista dell’FSB era stato anche ospite di Scaramella a Napoli dove era stato sottoposto ad una sorta di lungo debriefing sulle attività criminali dei servizi segreti russi e sulle saldature tra apparati statali della Federazione russa e criminalità organizzata, con ipotesi di collegamento che avrebbero coinvolto anche l’Italia.
Alla data del 1° novembre 2006, quando Litvinenko incontrò l’italiano al sushi bar “Itsu”, Mario Scaramella non era più consulente della Commissione Mitrokhin la quale aveva chiuso i lavori istruttori nel marzo precedente. Litvinenko, già a poche ore dopo l’incontro con i tre russi al Pine Bar, iniziò ad accusare i primi, gravi sintomi di malessere. Poco dopo cena, infatti, venne colpito da fortissimi dolori allo stomaco e inarrestabili conati di vomito tanto che – già tre giorni dopo, il 4 novembre – veniva ricoverato al Barnet General Hospital di Londra. Tredici giorni dopo, con l’aggravarsi del quadro clinico e con il mistero irrisolto della diagnosi, Litvinenko veniva trasferito allo University College Hospital per ulteriori accertamenti. Fino a questa data era ancora oscura la causa della malattia. La prima ipotesi che potesse essere stato avvelenato con il tallio (un metallo altamente tossico) venne scartata.
Nessuna terapia aveva avuto alcun successo. Il paziente aveva perso drammaticamente peso corporeo e aveva perso tutti i capelli. Chiari i sintomi di una grave esposizione a qualche forma di pesante radiazione.
Il 23 novembre, sei giorni dopo l’arrivo allo University College Hospital, Litvinenko moriva. La diagnosi che identificava nell’ingestione di polonio 201 la causa della morte venne confermata poco dopo il decesso.
L’inchiesta sulla morte del dissidente russo è stata condotta dall’inizio dal Counter Terrorism Command (SO15) di Scotland Yard e l’investigazione ha portato all’identificazione di due principali sospettati: i russi Andrei Lugovoi e Dmitri Kovtun, il primo con un passato da ufficiale dello FSO (il servizio di sicurezza federale russo) e il secondo ex agente del KGB socio in affari con Lugovoi.
Nel maggio del 2007, su richiesta del Crown Prosecution Service, il Foreign Office inoltrava formale richiesta di estradizione nei confronti di Lugovoi. Richiesta respinta dalle autorità federali russe. Nell’ottobre dello scorso anno, il dottor Andrew Reid, coroner di St. Pancras (che è chiamato ad accertare le cause del decesso, ma non ha alcun ruolo nell’accertamento delle eventuali responsabilità), riapriva l’inchiesta principale sulla morte di Litvinenko, chiedendo un’indagine completa e affrontata senza paura («full and fearless» inquest). Lord Kenneth Donald John Macdonald, all’epoca direttore del Public Prosecutions (in carica dal 2003 al 2008) da cui dipende il Crown Prosecution Service, ha dichiarato che ha sempre avuto pesanti sospetti circa il coinvolgimento di «state actors» (attori statali) nell’organizzazione dell’omicidio di Litvinenko: «Da quello che ho visto quando ero DPP (Director of Public Prosecutions) ho sempre avuto gravi sospetti sulla presenza di attori di Stato coinvolti e questo è il motivo per cui ho chiesto l’intervento di un giudice dell’Alta Corte per condurre l’inchiesta. È imperativo il fatto che l’inchiesta faccia luce sui vari aspetti e guardi alla possibilità che il filone battuto sia quello giusto. In casi come questo, di questa gravità, con la possibilità di attori statali coinvolti, è buona pratica avere un giudice (dell’Alta Corte) alla guida dell’inchiesta».
La procedura penale britannica (un po’ come accade in Italia con l’udienza preliminare davanti al Gup) prevede che il caso venga pre esaminato dal giudice dell’Alta Corte di Giustizia il quale – valutati gli elementi di prova, le testimonianze, i documenti, i riscontri investigativi e le conclusioni forensi – decide se procedere con il rinvio a giudizio dei chiamati in causa (sospettati o indiziati) davanti all’Alta Corte oppure chiudere il caso. L’attuale fase del procedimento è proprio questa, e cioè l’udienza preliminare, che potrà portare alla formale incriminazione dei citati in giudizio o al loro proscioglimento.
L’attuale posizione di Mario Scaramella è dunque formalmente analoga a quella degli altri chiamati in causa. Posizione, questa, che sarà esaminata alla prossima udienza davanti al giudice dell’Alta Corte Sir Robert Owen, insieme a quelle dell’ex agente dell’FSO Andrei Lugovoi, del suo socio in affari Dmitri Kovtun, del tycoon russo esiliato a Londra Boris Berezovsky, e dell’ucraino Alexander Talik. Quest’ultimo, ex ufficiale dell’FSO come Lugovoi e per anni clandestino a Napoli – sentendosi calunniato da Litvinenko (tramite Scaramella, come responsabile di un trasporto di granate anticarro dall’Ucraina verso l’Italia destinate a un presunto attentato contro Paolo Guzzanti e lo stesso Scaramella) – trasmise la segnalazione contro il defezionista dell’FSB a Mosca, mettendo in moto – molto probabilmente – l’ingranaggio che ha portato poi all’organizzazione del delitto.
Il relatore del caso Litvinenko, Hugh Davies, all’udienza che si è tenuta lo scorso venerdì 2 novembre presso il Camden Town Hall davanti al giudice Owen, ha dichiarato che esiste «un numero di teorie contrastanti e sempre più contraddittorie che circondano la morte di Litvinenko». Davies ha precisato, inoltre, che l’inchiesta potrebbe coinvolgere anche altri soggetti, oltre a Lugovoi e Kovtun, come l’ex amico della vittima Berezovsky, gruppi ceceni, la criminalità spagnola, lo stesso accademico italiano, Mario Scaramella, e l’ucraino Alexander Talik, descritto dal quotidiano britannico The Independent come «a close associate of Mr Lugovoi» (uno stretto associato del signor Lugovoi). Quest’ultimo particolare potrebbe confermare gli esiti dell’inchiesta giornalistica pubblicata anni fa da chi scrive sulle pagine del quotidiano Il Roma in ordine ai legami tra Lugovoi e Talik e all’ipotesi che quest’ultimo – sentendosi minacciato dalle attività di Litvinenko anche in collaborazione con Scaramella a Napoli – abbia con la sua segnalazione a Mosca attivato la macchina della rappresaglia che ha portato all’attentato del 1° novembre a Londra.
In questo caso, Scaramella sarebbe stato utilizzato come “cavallo di Troia” da far avvicinare alla vittima proprio il giorno in cui questi si incontrava con i suoi assassini, con lo scopo di creare a tavolino il colpevole perfetto sul quale far ricadere ogni responsabilità. In fondo, è ciò che accadde pochi giorni dopo il ricovero di Litvinenko in ospedale quando da alcuni siti ceceni trapelò proprio il nome di Scaramella come quello del possibile avvelenatore del defezionista russo.
Gian Paolo Pelizzaro
François de Quengo de Tonquédec