romano-prodi-3Nella prima puntata abbiamo rievocato la storia della seduta spiritica dalla quale emerse il nome «Gradoli» quale possibile luogo di prigionia di Aldo Moro, secondo l’unanime racconto dei 12 partecipanti, tra i quali i professori universitari Romano Prodi, Alberto Clò e Mario Baldassarri. Ma la vicenda, poiché dagli spiritisti non venne mai svelata la fonte di quella soffiata, ha avuto strascichi che arrivano fino ai giorni nostri.

Ripercorriamo le tappe di questo itinerario.

Il 29 agosto 1978 il capo della Polizia Giuseppe Parlato consegnò al consigliere istruttore Achille Gallucci copia dell’importante appunto manoscritto di Luigi Zanda, datato 5 aprile 1978, che recava l’indicazione di cercare la possibile prigione dove era rinchiuso Aldo Moro in una «casa isolata con cantina» situata «lungo la statale 74, nel piccolo tratto in provincia di Viterbo, in località Gradoli» (Commissione Moro, vol. 27, p. 33). Su quel foglio manoscritto il personale del ministero dell’Interno aveva annotato anche le operazioni svolte dalle forze dell’ordine il 6 aprile nel territorio del comune di Gradoli, che avevano dato però esito negativo.

Il 17 ottobre 1978 in un articolo sul Corriere della Sera firmato da Roberto Martinelli e Antonio Padellaro emerse pubblicamente, per la prima volta, «una storia inquietante, ai confini dell’irreale», come la definirono gli autori. È la storia della seduta spiritica del 2 aprile 1978, che secondo questa ricostruzione giornalistica si svolse nel centro storico di Bologna (e non a Zappolino, come si sostenne in seguito), in un appartamento di un «professore assai vicino ad ambienti democristiani» (curiosamente Romano Prodi abitava ed abita tuttora proprio nel centro storico di Bologna), di cui non venne fatto il nome. Vi parteciparono amici e familiari del professore (anch’essi non nominati) e si accennava pure alla presenza di una «nonna» che sorvegliava i bambini e che poi sparirà nelle successive narrazioni. Nell’articolo è «un piccolo posacenere» che, grazie all’«energia medianica» degli improvvisati spiritisti, assistiti dal fantasma di Giorgio La Pira, generava le parole «Viterbo, Bolsena, Gradoli. Una provincia, un lago, un paesino», come possibili luoghi dove cercare Aldo Moro. Emerse anche un numero, che però nessuno ricordava più. Era molto simile al prefisso di Catania: 095. E molto simile al numero civico di via Gradoli 96, a Roma, covo della colonna romana delle Brigate rosse dove abitavano Mario Moretti, alias Mario Borghi e Barbara Balzerani. Fin qui l’articolo del Corriere. Ma, come si è visto, l’unico numero dell’appunto manoscritto di Zanda era il 74, quello della strada statale di Viterbo che passava dal comune di Gradoli.

Il 25 novembre 1978 Prodi viene nominato ministro dell’Industria commercio e artigianato, in sostituzione di Carlo Donat-Cattin, nel IV governo Andreotti che aveva ottenuto la fiducia il 16 marzo 1978, poche ore dopo l’agguato di via Fani. Prodi rimarrà in carica solo fino al 20 marzo 1979.

Tra il 16 e il 22 dicembre 1978 l’allora giudice istruttore del Tribunale di Roma Francesco Amato raccolse le testimonianze di due partecipanti alla seduta spiritica del 2 aprile, Alberto Clò e Prodi, oltre a quella di Umbero Cavina che aveva ricevuto da Prodi l’indicazione su Gradoli nel Viterbese e quella di Luigi Zanda che aveva trasmesso l’informazione al ministero dell’Interno. Nella deposizione di Prodi, l’unica fatta all’autorità giudiziaria, il professore bolognese rivelava per la prima volta che la notizia su Gradoli era emersa nel corso di una «seduta para-psicologica» tenutasi a Zappolino (e non a Bologna). Nel documento giudiziario Prodi aggiunse che si doveva cercare una «casa isolata con cantina», un frammento testuale che coincideva con l’appunto manoscritto di Zanda.

Nel marzo 1979, a un anno dal sequestro di Moro, Martinelli e Padellaro pubblicarono un libro intitolato Il delitto Moro (Rizzoli). Nel capitolo “I misteri di via Gradoli” gli autori riprendevano quasi alla lettera l’articolo pubblicato sul Corriere della Sera il 17 ottobre 1978, ma svelavano pubblicamente, per la prima volta, che il professore bolognese della seduta spiritica era Romano Prodi, rivelavano anche il nome di Umberto Cavina, ma non quello di Luigi Zanda.

Il 27 gennaio 1981 l’allora presidente della Commissione Moro, il senatore Dante Schietroma, chiedeva a Prodi di fornire a quell’organo parlamentare i nomi dei partecipanti alla «seduta di parapsicologia», quali indicazioni ne fossero scaturite e a chi fossero state trasmesse. Il 3 febbraio 1981, 11 dei 12 partecipanti (con il consenso della dodicesima) stendevano e firmavano una lettera collettiva nella quale descrivevano in sintesi come si era svolta la «riunione “parapsicologica”» di Zappolino.

Questa sarà la versione di base alla quale si atterrano tutti i partecipanti quando verranno sentiti pubblicamente il 10 giugno 1981 dalla stessa Commissione Moro. E quella fissata nel resoconto stenografico della seduta diventerà la versione «ufficiale» e blindata su questa sconcertante storia, dalla quale lo stesso Prodi e gli altri partecipanti alla seduta spiritica non si discosteranno mai da allora in poi.

Superato l’impegnativo scoglio dell’audizione in Commissione Moro, situazione nella quale Prodi si era sentito «estremamente imbarazzato ed estremamente ridicolo», la carriera politica e professionale del professore bolognese non sembrò risentire della sconcertante vicenda spiritistica. Tutt’altro. Dal novembre 1982 all’ottobre 1989 sarà presidente dell’Iri, incarico che ricoprirà anche tra il 1993 e il 1994. Sarà Presidente del Consiglio dei ministri dal 17 maggio 1996 al 21 ottobre 1998. Ricoprirà poi la carica di Presidente della Commissione europea di Bruxelles, dal 16 settembre 1999 al 21 novembre 2004. Infine sarà di nuovo Presidente del Consiglio dal 17 maggio 2006 al 7 maggio 2008.

A questo punto la vicenda sembrò esaurirsi lentamente, ma ci pensò la Commissione stragi a ridarle vigore con la pubblicazione nell’ottobre 1999 del “dossier Mitrokhin”.

L’11 settembre 1999 il quotidiano londinese The Times iniziò la pubblicazione di una serie di articoli con le anticipazioni di un libro scritto dall’accademico professor Christopher Andrew e dall’ex archivista del Kgb Vasilij Mitrokhin, The Mitrokhin Archive. The KGB in Europe and the West, pubblicato poi, con grande clamore, il 20 settembre. Il libro conteneva l’elaborazione storiografica dei documenti segreti del Kgb trascritti a mano, e in parte ribattuti a macchina, dallo stesso Mitrokhin. In Italia, a seguito di una martellante campagna di stampa, l’11 ottobre l’Ufficio di presidenza della Commissione stragi decise di rendere pubblico, in traduzione italiana, il rapporto Impedian meglio noto come “dossier Mitrokhin”, ovvero le 261 schede inviate dall’intelligence britannica al Sismi tra il marzo 1995 e il maggio 1999.

Pochi giorni dopo, il 20 ottobre, il settimanale Avvenimenti (nel numero datato 24 ottobre), diretto all’epoca da Claudio Fracassi già direttore di Paese Sera, pubblicava un clamoroso articolo dal titolo “Il KGB, Moro e il fantasma”. Nell’articolo, il “dossier Mitrokhin” non era vituperato ma anzi ne veniva assunta l’affidabilità per poterne utilizzare alcuni contenuti, contrariamente all’atteggiamento scettico e diffidente della stampa di sinistra in genere, che aveva cercato fin da subito di arginare e sminuire l’attendibilità delle rivelazioni in esso contenute. Nell’articolo di Avvenimenti, mediante l’abile disposizione delle numerose tessere tratte dalle schede del “dossier Mitrokhin” sapientemente miscelate, si formulava l’ipotesi che l’informazione riguardante «Gradoli» emersa nel corso della seduta spiritica provenisse nientemeno che dal Kgb, attraverso la rete informativa di cui disponeva in Italia. Il protagonista principale di questa struttura era l’agente Dario di cui il “dossier Mitrokhin” rivelava l’identità: si trattava di Giorgio Conforto, insignito nel 1975 con la moglie dell’Ordine della Stella Rossa, padre di Giuliana Conforto nella cui abitazione di Roma vennero arrestati il 29 maggio 1979 i brigatisti Valerio Morucci e Adriana Faranda, postini delle Br durante il sequestro Moro. La Conforto era anche amica di Luciana Bozzi, proprietaria dell’appartamento di via Gradoli, covo della colonna romana delle Br, scoperto il 18 aprile 1978.

L’estensore dell’articolo di Avvenimenti, attraverso un complesso gioco di specchi, tendeva a veicolare questa ricostruzione: poiché i sovietici stimavano Moro, si adoperarono per favorire la sua liberazione attraverso l’espediente del fantasma della seduta spiritica, fornendo l’informazione cruciale sul covo di via Gradoli. Furono gli apparati del ministero dell’Interno che fraintesero quella soffiata e mandarono la polizia in un paese del Viterbese anziché a via Gradoli e permisero a Moretti e alla Balzerani di abbandonare il covo di via Gradoli. In realtà, come si visto in precedenza, l’appunto manoscritto di Zanda datato 5 aprile 1978 indicava senza equivoci un paese in provincia di Viterbo e non una via di Roma; nessuna informazione trapelò pubblicamente in quei giorni sull’operazione di polizia attivata dalla segnalazione di Zanda; Moretti e la Balzerani uscirono dal covo di via Gradoli la mattina presto del 18 aprile 1978.

Il 21 ottobre 1999, Philip Willan, corrispondente da Roma del quotidiano britannico Guardian – ritenuto dai fuoriusciti russi un vero e proprio portavoce del Kgb e dei suoi eredi – riprende la notizia di Avvenimenti.

Ciò farà dire anni dopo, ad Alex Goldfarb e Marina Litvinenko, nel loro libro del 2007 Morte di un dissidente. La vicenda Litvinenko e il ritorno del KGB che lo scandalo Prodi-Kgb era già esploso nel 1999, mentre in realtà alla vicenda in Italia non era stato dato alcun risalto, e Prodi non aveva mai replicato alle insinuazioni sulle sue presunte “liaisons dangereuses” col Kgb avanzate da Avvenimenti.

Le supposte relazioni pericolose di Romano Prodi con i servizi sovietici, ripresero poi ulteriormente vigore quando nel febbraio 2006 Aleksandr Litvinenko, l’ex colonnello del Kgb ucciso a Londra nel novembre 2006 da una dose letale di polonio radioattivo, rivelò in video alla Commissione Mitrokhin le confidenze fattegli nel 2000 dal suo superiore, il generale Anatoli Trofimov. «Quando confidai a Trofimov la mia idea di lasciare Mosca e riparare in Italia, dove vive mio fratello, il generale mi mise in guardia. Mi disse: stai attento, perché in Italia ci sono molti ex uomini del Kgb. Persino Prodi è un nostro uomo [our man there]». Trofimov, assassinato il 10 aprile 2005 a Mosca, non poté confermare le parole di Litvinenko, ma la rivelazione del defezionista fu ripresa da un deputato inglese dell’Uk Independence Party al Parlamento europeo, Gerard Batten, il quale nell’aprile 2006 portò la vicenda all’attenzione delle istituzioni continentali, richiedendo, nell’aula di Strasburgo, l’apertura di un’indagine su Romano Prodi e su queste presunte sue relazioni col Kgb. La richiesta di Batten restò lettera morta nonostante egli l’abbia reiterata per altre 3 volte fino al gennaio 2008.

Le reazioni della stampa italiana alla prima interrogazione di Batten, si era alla vigilia delle politiche del 2006 vinte poi proprio da Romano Prodi, si svilupparono, pressoché unanimemente, in due fasi: nell’immediato prevalse il silenzio sulla vicenda (nessuno, ad esempio, si premurò di intervistare Litvinenko), mentre, dopo la morte del defezionista nel novembre successivo, si scatenò una virulenta campagna denigratoria tesa ad affossare i lavori della Commissione Mitrokhin, descritta come un maldestro tentativo del centro destra berlusconiano di screditare il centro sinistra e i suoi leader tra cui, appunto, Romano Prodi.

A 35 anni dalla tragica primavera del 1978 crediamo sia ormai giunta l’ora di dissipare i misteri e di esorcizzare finalmente i fantasmi di Gradoli con una onesta operazione di verità: è semplicemente questo che si chiede a Romano Prodi tanto più se egli salirà sul Colle più alto della Repubblica.

GP e GPP

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Cronologia degli eventi tra il 29 agosto 1978 al 2008

 29 agosto – il capo della Polizia Giuseppe Parlato consegna copia dell’appunto manoscritto di Luigi Zanda alla magistratura.

 17 ottobre 1978 – in un articolo sul Corriere della Sera, firmato da Roberto Martinelli e Antonio Padellaro, emerge pubblicamente per la prima volta la storia della seduta spiritica e di Gradoli. Non vengono svelati i nomi dei partecipanti.

25 novembre 1978 – Romano Prodi è nominato ministro dell’Industria nel IV governo Andreotti.

16-22 dicembre 1978 – Interrogatori di Luigi Zanda, Umberto Cavina, Romano Prodi e Alberto Clò davanti al giudice istruttore del Tribunale di Roma Francesco Amato.

marzo 1979 – esce per l’editore Rizzoli il libro di Martinelli e Padellaro Il delitto Moro. Viene svelato pubblicamente per la prima volta il nome di Romano Prodi quale partecipante alla seduta spiritica.

3 febbraio 1981 – i 12 “spiritisti” stilano una lettera collettiva che inviano alla Commissione Moro.

10 giugno 1981 – audizione dei 12 “spiritisti” alla Commissione Moro.

17 e 23 giugno 1998 – audizioni di Mario Baldassarri e Alberto Clò alla Commissione stragi.

11 ottobre 1999 – l’Ufficio di Presidenza della Commissione stragi decide di rendere pubblico il “dossier Mitrokhin”.

20 ottobre 1999 – il settimanale Avvenimenti (datato 24 ottobre) avanza l’ipotesi che la soffiata su Gradoli sia stata fatta filtrare dalla rete del Kgb in Italia.

21 ottobre 1999 – Philip Willan, corrispondente da Roma del quotidiano inglese Guardian, riprende la notizia di Avvenimenti.

2000 – In quell’anno il generale del servizio segreto russo (Fsb) Anatoli Trofimov, rivela al colonnello Aleksandr Litvinenko che Prodi è “our man” (un nostro uomo) in Italia.

5 aprile 2004 –Prodi, nell’audizione che si svolse durante la 58a seduta di quella Commissione bicamerale d’inchiesta, non rivela la fonte dell’informazione su Gradoli e rimanda all’audizione della Commissione Moro del 10 giugno 1981.

febbraio 2006 – Aleksandr Litvinenko nell’ambito della sua collaborazione con la Commissione Mitrokhin rivela in video al consulente Mario Scaramella quanto gli aveva riferito Trofimov.

3 aprile 2006 – il deputato inglese al Parlamento europeo Gerard Batten richiede in aula un’indagine su Prodi circa i presunti rapporti di quest’ultimo con il Kgb; richiesta reiterata il 26 aprile e il 29 novembre 2006 e il 30 gennaio 2008.