«Il rapporto esiste, ma non è ufficiale nel senso che non verrà mai ammesso, punto 1 dell’accordo». E ancora: «Il rapporto è ufficiale con AF [al-Fatah], ed è possibile perché fra gli innumerevoli gruppi che si riconoscono in AF [al-Fatah], uno ci appoggia (Quale? Paolo)».

E infine, il colpo di scena: «Inoltre oggi c’è un III giocatore, peso della Europa in Medio O. [Oriente], che oggi ha un certo controllo.

C’è un asse Mitterand – Kresky [Kreisky] per il controllo politico del Medio O. [Oriente] e la R. [Russia] tenta in ogni modo di far saltare questa politica europea. Gli ultimi attentati gravi in Europa (Sinagoga, Bo e Trieste (?)) possono essere letti in questa chiave internazionale – [A. pensa così] – Così ogni altro movimento in Europa di forze rivoluzionarie e servizi segreti può essere letto in questo modo –  Andando avanti si vedranno altre dimostrazioni di ciò – – altri attentati e dietro c’è sempre R. [la Russia] (e suoi collegati)… – A. aspetta».

Sinagoga, Bologna, Trieste… Gli ultimi attentati gravi in Europa.

Lo stile è criptico, frammentato, composto di brevi frasi, tante abbreviazioni, sigle, acronimi, nomi in codice. Ma il contenuto, dopo 28 anni di oblio e insabbiamenti, è finalmente decifrato e messo in chiaro. Questo ci permette, per la prima volta dal suo ritrovamento, di ricollocare questo straordinario tassello nel suo naturale mosaico e cioè gli accordi segreti tra i vertici delle Brigate Rosse e il numero due di Fatah, Abu Ayad, il fondatore di Settembre Nero, l’ideatore del massacro alle Olimpiadi di Monaco e la mente raffinata dietro il depistaggio sulla strage di Bologna.

L’autore di questo appunto manoscritto è Giovanni Senzani, nato a Forlì il 21 novembre 1942, criminologo e ideologo del cosiddetto Partito guerriglia, colui che dopo la cattura di Mario Moretti a Milano il 4 aprile 1981, eredita la direzione delle Brigate Rosse e con essa i suoi contatti internazionali. Il documento, quattro facciate manoscritte su un comune foglio di quaderno, venne scovato nel portafogli del capo brigatista al momento del suo arresto da parte della Digos di Roma nell’appartamento-covo di via della Stazione di Tor Sapienza 38, la notte del 9 gennaio 1982.

Il primo a rendersi conto dell’enorme importanza del reperto è stato l’allora giudice istruttore Rosario Priore, il quale – una volta analizzato il contenuto dopo una prima decrittazione da parte degli esperti dell’antiterrorismo – ritenne doveroso trasmetterlo per competenza ai colleghi di Bologna impegnati nelle indagini sull’attentato del 2 agosto 1980 alla stazione ferroviaria. La nota di trasmissione (alla quale, oltre all’appunto, è allegato il verbale d’interrogatorio con omissis del brigatista dissociato Roberto Buzzatti, reso il 5 aprile 1982) è datata 7 maggio 1983 ed è contenuta a pagina 719 del faldone 50 degli atti istruttori sulla strage.

Alle 11.45 dell’8 settembre 1983 i giudici istruttori di Bologna che indagano sulla strage alla stazione, Vito Zincani e Sergio Castaldo interrogano in qualità di “testimonio senza giuramento” Giovanni Senzani, il quale testualmente dichiara: «Sulla notizia riferita da Buzzatti secondo cui io avrei ricevuto il nome di una persona che mi aveva parlato sulla strage di Bologna non ho nulla da dire». Non risulta che gli sia stato chiesto nulla dell’olografo e soprattutto degli “ultimi gravi attentati”.

Questo appunto altro non è che una sorta di memo, o rapporto di sintesi degli incontri che ebbe Senzani, tra l’agosto e il dicembre del 1981, con Abu Ayad a Parigi. Tra Brigate Rosse e vertici di Fatah c’era un accordo segreto nato durante la dirigenza Moretti e relativo all’alleanza strategico-militare tra le due organizzazioni. La prima, grande operazione congiunta (nome in codice “Francis”) fu proprio il trasferimento dal Libano in Italia – nell’agosto-settembre 1979 – dell’arsenale strategico palestinese con la barca a vela Papago dello psichiatra anconetano Massimo Gidoni (cfr. articolo http://www.segretidistato.it/?p=211). Sul Papago, oltre allo skipper Gidoni, c’erano Mario Moretti, Riccardo Dura e Sandro Galletta. L’arsenale venne sbarcato nei pressi di Porte Grandi, frazione di Quarto d’Altino (nella Laguna di Venezia) e interrato sul Colle Montello, nel Trevigiano.

Nelle clausole del patto Br-Fatah-OLP c’era anche la questione della gestione dell’arsenale strategico che, oltre a un formidabile elenco di armi da guerra, bazooka, lanciarazzi, lanciagranate, bombe a mano, cassette di munizioni, comprendeva anche una confezione di detonatori elettrici, una di detonatori a miccia nonché sei quintali di T4, lo stesso tipo di esplosivo ad alto potenziale che venne poi rinvenuto fra i componenti dell’ordigno che esplose a Bologna. I contatti con la centrale di Fatah a Parigi erano tenuti da Mario Moretti, in totale compartimentazione, il quale aveva assunto su di sé tutta la responsabilità dei rapporti strategici internazionali. Per mettersi in contatto con Parigi utilizzava un numero di telefono protetto, talmente delicato che lo aveva imparato a memoria come un codice segreto. Quel numero lo aveva avuto da una militante di primo piano della colonna genovese delle Br, Fulvia Miglietta (nome di battaglia “Nora”), compagna di lotta e di vita di Riccardo Dura, uno degli imbarcati nella missione “Francis” sulPapago.

Con la cattura di Moretti a Milano il 4 aprile 1981, si spezza l’asse Br-Fatah, già messo in crisi dal precedente arresto di Abu Anzeh Saleh – 14 novembre 1979 – con la vicenda del trasporto dei due lanciamissili terra-aria di fabbricazione sovietica SAM-7 Strela di proprietà del Fronte popolare per la liberazione della Palestina (Fplp) di George Habbash. Questa movimentazione di armi da guerra in territorio italiano è di appena tre mesi successiva all’arrivo dell’arsenale palestinese col Papago e non è escluso che i due SAM-7 Strela provenissero proprio dal deposito del Montello. Resta il fatto che con Moretti in carcere, i contatti tra Brigate Rosse e vertici di Fatah sono momentaneamente interrotti. Ma con l’avvento di Senzani alla guida dell’organizzazione, si rimette in moto l’ingranaggio. E come? Lo spiega la stessa Fulvia Miglietta, interrogata dal giudice istruttore Rosario Priore il 23 aprile 1983: «In effetti, trasmisi il numero di telefono di Parigi, che avevo avuto da Dura, a Senzani. Non ho mai usato per ragioni inerenti all’Organizzazione questo numero. Il numero lo consegnai a Senzani nell’agosto del 1981 a Roma. Glielo consegnai nel corso di un incontro avvenuto per strada nei pressi dello Zoo, a Villa Borghese».

Sarà una coincidenza, ma poche settimane dopo quell’incontro tra Miglietta e Senzani sarà inviato a Roma dall’allora giudice istruttore di Bologna Aldo Gentile, Abu Anzeh Saleh, ufficialmente «ai fini procedimento relativo attentato stazione ferroviaria Bologna 2 agosto 80», nell’ambito di una missione ancora oggi avvolta dal più fitto mistero. Su questa controversa vicenda, sono in corso indagini da parte della stessa Procura di Bologna.

Ebbene, fu proprio grazie a quel numero di telefono che Senzani fu in grado di riallacciare i contatti, interrotti con la cattura del capo delle Br, con la centrale di Fatah a Parigi con la quale Moretti aveva stretto il patto di alleanza militare con i palestinesi. Come abbiamo già scritto, la controparte palestinese di questo accordo è stata identificata proprio in Abu Ayad, alias Salah Khalaf.

I termini del patto di alleanza militare tra Brigate Rosse e Fatah sono dunque cristallizzati nell’appunto manoscritto trovato nel portafogli di Senzani il giorno del suo arresto.

La cattura di Senzani e il ritrovamento dell’appunto

La notte del 9 gennaio 1982, la Digos di Roma irrompe in un appartamento di via della Stazione di Tor Sapienza al civico 38. All’interno del covo viene sorpreso nel sonno e arrestato Giovanni Senzani, 39 anni, criminologo, divenuto, dopo l’arresto di Mario Moretti a Milano il 4 aprile 1981, l’esponente più autorevole delle Brigate Rosse.

In realtà, proprio negli ultimi mesi del 1981 si era consumata la scissione tra l’ala movimentista (o Partito guerriglia) guidata dallo stesso Senzani e l’ala militarista (o Pcc – Partito comunista combattente) facente capo a Barbara Balzerani.

Al momento della cattura di Senzani a Roma è in atto a Padova il rapimento del generale della Nato James Lee Dozier, sottocapo di Stato Maggiore del Comando Forze Terrestri Alleate del Sud Europa (FTASE), sequestrato a Verona il 17 dicembre 1981 (verrà liberato a Padova il 28 gennaio 1982 con un blitz del Nocs). Responsabile del sequestro del generale americano, la colonna veneta capeggiata da Antonio Savasta.

Quella stessa notte del gennaio 1982 vengono scoperti sempre a Roma altri due covi brigatisti. Sono arrestati una ventina di terroristi e viene sequestrato un vero e proprio arsenale composto da missili, bazooka, bombe a mano e altre armi leggere. Dai documenti ritrovati emerge che il gruppo di Senzani avesse in programma nel breve periodo una serie impressionante e “spettacolare” di attentati: l’attacco alla sede della Democrazia cristiana di piazza Don Sturzo all’Eur, durante una riunione del consiglio nazionale, l’attacco al Ministero di Grazia e Giustizia di via Arenula e il rapimento di Cesare Romiti, amministratore delegato della Fiat.

Fra i numerosi documenti sequestrati dall’antiterrorismo, uno in particolare, trovato nel portafoglio di Senzani, risulterà di estremo interesse. Si tratta di un manoscritto di quattro facciate, su due fogli a quadretti, noto negli atti giudiziari come «reperto 174 del sequestro di via Tor Sapienza», o come «appunto olografo di Senzani» in quanto scritto di pugno dallo stesso ideologo brigatista.

La verità inconfessabile in un foglio di quaderno

Come abbiamo accennato, il documento fu scritto da Senzani dopo i vertici tenutisi a Parigi tra l’agosto e il dicembre 1981 con un importante esponente palestinese – identificato in Abu Ayad (nome che compare nello stesso olografo con l’incerta grafia «Abuyal») alias Salah Khalaf. Nato ad Haifa nel 1933, frequentò l’Università del Cairo dove incontrò Yasser Arafat, diventandone assistente presso la federazione degli studenti palestinesi. Fu uno dei fondatori di al-Fatah nonché di Settembre Nero. Fu numero due dell’Olp e capo dell’intelligence di Fatah. Venne ucciso a Tunisi il 14 gennaio 1991 da un commando del Mossad.

L’appunto di Senzani apre uno squarcio particolarmente rivelatore sui rapporti tra Br e organizzazioni palestinesi. Come ha sottolineato l’allora giudice istruttore di Venezia Carlo Mastelloni nella sentenza-ordinanza del procedimento penale 204/83 contro Abu Ayad e altri (sul traffico d’armi OLP-Br), depositata il 20 giugno 1989, si tratta di un «appunto[…] dalla pregnanza probatoria polivalente, costituisce un riscontro: al patto di collaborazione strategico-operativa tra Br e Olp, di cui aveva detto Savasta; ai contatti pregressi di Moretti a Parigi; al ruolo criptico di al-Fatah e dei servizi di sicurezza Olp nel programma immediato e mediato anche della Organizzazione Brigate Rosse; alla politica dei depositi strategici di armi attuata in Italia dall’Olp».

Tuttavia, un sensazionale frammento del manoscritto, in cui si elencano tre «attentati gravi in Europa», è rimasto di fatto sepolto nell’oblio per ben 28 anni.

Analizziamo la trascrizione integrale del brano in questione:

«Inoltre oggi c’è un III giocatore, peso della Europa in Medio O. [Oriente], che oggi ha un certo controllo.

C’è un asse Mitterand – Kresky [Kreisky] per il controllo politico del Medio O. [Oriente] e la R. [Russia] tenta in ogni modo di far saltare questa politica europea. Gli ultimi attentati gravi in Europa (Sinagoga, Bo e Trieste (?)) possono essere letti in questa chiave internazionale – [A. pensa così] – Così ogni altro movimento in Europa di forze rivoluzionarie e servizi segreti può essere letto in questo modo –  Andando avanti si vedranno altre dimostrazioni di ciò – – altri attentati e dietro c’è sempre R. [la Russia] (e suoi collegati)…. – A. aspetta».

L’elenco di questi tre «ultimi attentati gravi» (Sinagoga, BO, Trieste) potrebbe essere stato esposto in senso cronologico, dall’attentato più recente a quello più lontano nel tempo.

È quindi altamente plausibile che il riferimento alla «Sinagoga» coincida con l’attentato alla sinagoga di Parigi di rue Copernic, compiuto il 3 ottobre 1980 (quattro morti, 30 feriti). Infatti, questo attentato colpiva la Francia, «III giocatore» dello scacchiere mediterraneo nel mirino dell’Unione Sovietica, ed è più «grave» di quello della sinagoga di Anversa avvenuto il 20 ottobre 1981. Tra l’altro in questi ultimi anni la magistratura francese ritiene di aver individuato, nell’esecuzione dell’attentato, una responsabilità diretta del Fronte popolare per la liberazione della Palestina – Operazioni speciali (Fplp-Os), inoltrando richiesta d’estradizione dal Canada per un cittadino di origine libanese, Hassan Diab

(cfr. articolo “Strage alla sinagoga di Parigi. La Francia preme per l’estradizione del presunto attentatore” – cfr.http://segretidistato.liberoreporter.it/index.php/home/primo-piano/primo-piano/180-strage-alla-sinagoga-di-parigi-la-francia-preme-per-lestradizione-del-presunto-attentatore.html).

Seguendo l’ordine cronologico, dopo la parola «Sinagoga», compare la sigla «BO», targa di Bologna, chiaro riferimento al più «grave» attentato terroristico avvenuto in Europa fino a quel momento (superato per numero di morti soltanto dagli attentati di Madrid dell’11 marzo 2004).

Per quanto riguarda «Trieste», lo stesso Senzani pone un punto interrogativo, manifestando una qualche perplessità, probabilmente non associando immediatamente un avvenimento terroristico alla città friulana. Ma in realtà nei pressi di Trieste, per la precisione a San Dorligo della Valle, alle ore 3.15 del 4 agosto 1972, Settembre Nero fece saltare un serbatoio dell’oleodotto Siot Trieste-Ingolstad. Nel giro di una decina di minuti altre due cariche esplosive fecero saltare altri due serbatoi e un quarto s’incendiò per il calore. Bruciarono 140mila tonnellate di petrolio. In tutto si conteranno diciassette feriti e diversi comuni evacuati (Dolina, Ceresana, Bagnoli). Quell’attentato è di poche settimane prima del massacro degli atleti israeliani compiuto sempre da Settembre Nero alle Olimpiadi di Monaco (5-6 settembre).

«Punti emersi»: i termini dell’accordo Br-Fatah

L’appunto di Senzani è una specie di verbale degli incontri con Ayad il quale, dovendo riassumere al nuovo interlocutore italiano i termini dell’accordo stretto con Moretti, sintetizzò il quadro generale, aggiungendo però informazioni sensibilissime come i riferimenti agli attentati in Europa.

A quanto pare, l’alleanza strategico-militare tra Brigate Rosse e resistenza palestinese prese il via verso la fine del sequestro Moro, o meglio con l’avvio della missione UNIFIL in Libano.

In tal senso, le parole di Antonio Savasta riportate nell’articolo di Gian Paolo Pelizzaro «Operazione “Francis”, il tassello mancante del “lodo Moro”. L’ultimo segreto della Prima Repubblica», sono emblematiche: «La struttura francese, subito dopo Moro, attraverso un qualche suo rappresentante, aveva espresso a Moretti l’apprezzamento per quanto le BR avevano fatto, e l’invito alle stesse BR a de regionalizzarsi e a porsi espressamente in una prospettiva internazionale»

(http://www.segretidistato.it/?p=211).

Fu pertanto Mario Moretti, grazie all’ausilio di pochi altri militanti, a strutturare e a gestire in prima persona i rapporti con i palestinesi.

Abu Ayad e Mario Moretti definirono i termini esatti del patto segreto. E la cosiddetta “rete francese”, una sorta di “solidarietà internazionalista” che forniva vie di fuga e protezione ai latitanti, trovò nell’accordo coi palestinesi ulteriori opportunità. Nella citata sentenza ordinanza di Mastelloni si legge: «L’OLP al 1980 finiva ancora per garantire ai latitanti della “rete francese” anche una strategia alternativa in ordine alle difficoltà che potessero presentarsi “una volta che la latitanza a Parigi fosse divenuta impossibile”: il Libano, al 1980 – così come il Nicaragua o alcuni Paesi africani in seguito – diventava una rete alternativa che comunque presupponeva una caratterizzazione di funzioni e mansioni degli stessi latitanti all’interno dell’OLP, impiegati di converso, come autori materiali di trasporto di armamento nell’ambito dell’area del Mediterraneo e quindi come Ufficiali di fatto dell’OLP».

Le modalità dei contatti tra Moretti e la centrale parigina erano super riservate. Lo stesso Moretti, avendo una volta dimenticato il numero di telefono del suo referente parigino, aveva faticato molto prima di ripristinare il contatto. Così, quando le redini dell’organizzazione passarono nelle mani di Senzani, si presentò lo stesso problema con in più la difficoltà per il criminologo forlivese di non conoscere i termini di quell’accordo. Ciò lo si evince analizzando la prima parte del documento olografo, che Senzani intitola «Punti emersi». In essa viene sintetizzata la natura stessa del patto che sembra appunto “emergere” in Senzani per la prima volta.

Emblematico in tal senso il primo passo dove Senzani riporta quasi graficamente la struttura delle relazioni tra Br e palestinesi. Utilizzando le sigle e i nomi di battaglia dei vari interlocutori, Senzani evidenzia come egli subentri alla precedente struttura brigatista composta da Moretti, Loiacono, Braghetti e Miglietta, nel rapporto con l’emissario palestinese Abu Ayad:

«La trafila da An [“Antonio” = Giovanni Senzani] —> Al [emissario palestinese = Abu Ayad] —> Paolo [Mario Moretti] + Otello [Alvaro Loiacono] + Camilla [Anna Laura Braghetti] + Cat [“Caterina” = Fulvia Miglietta]». Questa combinazione tra identità reale e nomi in codice è frutto di un lavoro svolto dai carabinieri, ma su alcuni accostamenti c’è ancora un margine di dubbio.

Puntuali riscontri alle informazioni contenute nell’olografo di Senzani – brigatista che non ha mai collaborato con l’autorità giudiziaria – si trovano nei verbali degli interrogatori di alcuni imputati del procedimento penale Moro ter, in particolare in quelli di Roberto Buzzatti, arrestato a Roma insieme allo stesso Senzani il 9 gennaio 1982. Nell’interrogatorio del 17 febbraio 1982, davanti ai giudici istruttori Ferdinando Imposimato e Rosario Priore, Buzzatti dichiarava: «A metà agosto [1981] il Senzani ragguagliò me [Buzzatti] e il Di Rocco (ritengo che il Petrella fosse già al corrente di quanto il Senzani ci veniva dicendo) sui rapporti internazionali dell’organizzazione. Ci disse in primo luogo che erano stati riallacciati i contatti che si erano spezzati con la cattura del Moretti [4 aprile 1981], attraverso certa Caterina che più tardi identificai in Miglietta Fulvia».

A riprova del fatto che Senzani fosse in larga parte all’oscuro di quanto Moretti aveva concordato con Ayad e cercasse di orientarsi, lo si può desumere nel passaggio in cui egli non è in grado di capire quale fra gli innumerevoli gruppi della galassia palestinese appoggiasse le Br, ammettendo che solo “Paolo” (Moretti?) poteva dirimere il quesito:

«Il rapporto è ufficiale con AF [al-Fatah], ed è possibile perché fra gli innumerevoli gruppi che si riconoscono in AF [al-Fatah], uno ci appoggia (Quale? Paolo)».

Senzani, poi, riporta i due punti principali dell’accordo: il primo è una clausola di riservatezza che impone ai contraenti il vincolo del segreto, di non ammettere mai, cioè, per nessuna ragione, l’esistenza di questi rapporti.

«Il rapporto esiste, ma non è ufficiale nel senso che non verrà mai ammesso, punto 1 dell’accordo»

Il secondo punto è l’esplicitazione degli aspetti militari del patto i cui termini sono stati ampiamente affrontati nel citato articolo di Gian Paolo Pelizzaro. L’Italia, proprio in virtù del “lodo Moro” da un lato e del supporto logistico delle Br dall’altro, risultò in quegli anni più sicura del Libano e di ogni altro Paese per custodire l’arsenale tattico e strategico dei palestinesi.

«Punto 2 dell’accordo = costituire stock tattici e strategici in Italia, appoggio in operazioni; promessa dell’O.[Organizzazione = Br] di fare qualcosa contro I [Israele] in Italia (detto ma non ribadito come richiesto)».

«Analisi»: la seconda parte dell’olografo

La seconda parte del documento olografo è una lunga e articolata analisi dello scenario politico internazionale, dalla quale si desume che l’Unione Sovietica, indicata nel manoscritto sempre con la sigla R (Russia), stava attraversando un periodo difficile e nel Medio Oriente poteva contare solo sulla Siria, con la quale peraltro l’OLP aveva seri conflitti in corso. Damasco infatti oltre ad ospitare il nemico giurato di Fatah Abu Nidal, esercitava una pressione notevole nel Libano. Altro alleato fidato dell’Urss era la Libia di Gheddafi. Quello che però sembrava preoccupare di più l’Unione Sovietica era l’intervento nello scacchiere mediterraneo di un “terzo giocatore”, identificato con le socialdemocrazie europee – Francia e Austria in testa – che con la loro politica di mediazione e di attenzione alla causa palestinese stavano interferendo con la politica sovietica. E proprio per questa ragione la “Russia”

«tenta in ogni modo di far saltare questa politica europea», con gli «ultimi attentati gravi in Europa» – sopra ricordati – ma anche prospettando azioni future:

«Andando avanti si vedranno altre dimostrazioni di ciò – – altri attentati e dietro c’è sempre R. [la Russia] (e suoi collegati)».

Il 21 maggio 1981 in Francia divenne presidente della Quinta Repubblica François Mitterrand. Nel documento, Senzani annota che l’OLP ha concesso sei mesi di tregua in Europa per valutare la linea di Mitterand il quale si è dimostrato disponibile e volonteroso per esempio attraverso «la liberazione di molti prigionieri politici». Il riferimento è quasi sicuramente all’amnistia concessa dopo l’elezione che portò alla liberazione di numerosi esponenti di Action Directe tra cui quella del fondatore Jean-Marc Rouillan e di un altro elemento di spicco quale Régis Schleicher. La tregua in Europa però sembra non riguardare interessi “sionisti e imperialisti”. Infatti nel semestre di «cease-fire» vengono comunque colpiti obiettivi Nato ed ebraici. Alle 7,30 del mattino del 31 agosto 1981, a Ramstein nel Palatinato, una bomba ad alto potenziale esplode dinanzi al quartier generale dell’aviazione militare americana in Europa, ferendo 20 persone, 18 americani e due tedeschi, e distruggendo una ventina di auto in sosta. Sullo stesso piazzale si affaccia anche il quartier generale delle forze aeree Nato dell’Europa centrale. L’attentato viene rivendicato dalla Rote Armee Fraktion, il più noto gruppo estremistico di sinistra della Germania occidentale. Nella notte successiva, 1º settembre, sette automobili sono date alle fiamme in un quartiere di militari americani a Wiesbaden in Assia. Il 15 settembre 1981, ad Heidelberg l’auto del generale americano Frederick J. Kroesen, comandante supremo delle Forze statunitensi in Europa, viene presa di mira da un lanciarazzi RPG 7, la blindatura dell’auto resite all’attacco, restano ferite trentuno persone. Infine, il 20 ottobre 1981 viene colpita la sinagoga di Anversa, l’attentato causa un morto e 90 feriti.

Sugli attacchi alle basi militari dell’Alleanza atlantica compiute dalla RAF, il testo dell’olografo rivela come dietro ad esse, ci sia in realtà la regia del KGB, il servizio segreto sovietico:

«Anche RAF, ultima operazione Nato, è loro, ma politicamente guidata da servizi segreti di R. [Russia] che ha fornito sicuramente (ma indirettamente) le notizie».

Un altro puntuale riscontro su questo aspetto si trova in un ennesimo interrogatorio di Roberto Buzzatti, quello del 18 maggio 1982 reso ai giudici istruttori Rosario Priore e Ferdinando Imposimato: «Preciso che quando si parla di RAF si parla in realtà di KGB, perché da qualche anno a questa parte la RAF è diretta da elementi del KGB. Al riguardo sentii dire dal Senzani che il generale americano [Frederick J. Kroesen] contro il quale fu fatto qualche tempo fa [15 settembre 1981] un attentato in Germania [ad Heidelberg] era stato indicato dal suddetto servizio».

Senzani riporta poi le pressioni dei dirigenti palestinesi affinché anche le Brigate Rosse seguissero l’esempio della RAF, rompessero gli indugi allacciando rapporti più stretti con gli altri movimenti rivoluzionari europei e fossero disponibili ad appoggiare direttamente le loro azioni:

«Da sempre ci chiedono di uscire allo scoperto, dalla dimensione locale e di contare politicamente a livello internazionale, dandoci una base di ritiro all’estero e un punto di riferimento logistico e politico all’estero, stabilendo contatti con i movimenti rivoluzionari».

 

Il capo brigatista rimane scettico su questa apertura, escludendo categoricamente, ad esempio, qualsiasi rapporto con greci e turchi, così come Senzani non nasconde un problema politico molto delicato e cioè quello dei rapporti delle Br con l’Urss, sospettando che il Kgb abbia infiltrato suoi uomini in tutte le formazioni rivoluzionarie europee e per l’Italia, forse, il pensiero corre al “sovietico” Antonio Savasta (sul punto si veda ancora il citato articolo di Gian Paolo Pelizzaro):

«Il problema è cosa pensiamo di R. [Russia] e che rapporto abbiamo con R. [Russia] L’O. [Organizzazione = Br] non ha mai risposto. È chiaro che R. [la Russia] ha interesse oggettivo all’O. [Organizzazione = Br] e per come si muove potrebbe avere un uomo nella O. [Organizzazione = Br] Prepara uomini politicamente e poi li inserisce. Il servizio segreto di R. [Russia] ce li ha in tutti i m.[movimenti] r. [rivoluzionari] europei. […]

Siamo o no vicini a Polonia? Perché non diciamo nulla?

Va bene, benissimo uscire allo scoperto – sicuramente R. [la Russia] tenterà di strumentalizzare, noi dobbiamo essere politicamente chiari più di prima e nella gestione politica dell’attacco –

Sì contro A [America?], ma anche contro R. [la Russia] per neutralità e attacchi I [Israele] — N [Nato?]».

La parte finale dell’olografo è una sezione molto importante, ma che presenta purtroppo parecchie incertezze di lettura che ne compromettono in parte l’interpretazione. In essa si intuisce che Senzani annoti una serie di punti relativi alla struttura che doveva essere creata, si distinguono parole come «Reparto operativo», «stock da rafforzare», «training da loro» e poi una sequenza di numeri e di sigle che ricordano le liste precise e dettagliate che le Br realizzavano nella contabilizzazione delle armi e degli esplosivi.

È citato due volte anche un certo “Paul”, identificato in Jean-Louis Baudet (esponente di Action Directe) il cui ruolo di “istruttore militare” delle Brigate Rosse è ben definito ancora una volta da Roberto Buzzatti nel corso di due interrogatori svoltisi il 17 febbraio 1982 davanti ai giudici istruttori Ferdinando Imposimato e Rosario Priore.

Nell’interrogatorio della mattina Buzzatti dichiarava: «Una conferma, del resto, dei contatti internazionali della nostra organizzazione [le Br] la ebbi a fine novembre 1981, allorché a Roma ci fu l’incontro con certo Paul [Jean-Louis Baudet], di lingua Francese; eravamo a questo incontro io [Buzzatti] Senzani e Paul. L’incontro avvenne al ristorante “La Mimosa” a viale delle Provincie. Il motivo dell’incontro fu costituito dal fatto che il Paul doveva spiegarci il funzionamento del bazooka russo Rpg di cui eravamo in possesso e di cui non conoscevamo il funzionamento. Si trattava di armi provenienti da un deposito dell’organizzazione in Sardegna in cui oltre alle armi portate a Roma dovrebbero esserci una decina di mitra Sterling e 80-100 Kg. di esplosivo al plastico e diverse bombe a mano del tipo Ananas».

Nell’interrogatorio del pomeriggio Buzzatti forniva ulteriori riscontri sui contatti di Senzani con un “certo All”, ossia con Abu Ayad, indicato nell’olografo con la sigla “Al”. Buzzatti, inoltre, rivela quanto positivamente fosse stato valutato, da parte palestinese, il sequestro del generale americano Dozier, in corso nei giorni in cui si svolse l’ultimo incontro parigino di Senzani, prima del suo arresto il 9 gennaio 1982: «Il rapporto con Paul [Jean-Louis Baudet] da parte della nostra organizzazione continuò anche nel dicembre del 1981. Ciò desumo dal fatto che Senzani, al ritorno da un viaggio per una località della Francia, fatto a Natale del 1981, disse che aveva rivisto Paul ed un certo All [Abu Ayad], questo in presenza del Petrella. […] In precedenza Senzani aveva detto che vi erano buone possibilità di avere armi di qualsiasi tipo tra cui bazooka e Kalashnikov. Sarebbe  bastato organizzare un altro viaggio per mare del tipo di quello fatto in precedenza [allusione al viaggio del Papago dell’agosto-settembre 1979?] […] Il Senzani disse che il collegamento delle Br con la RAF era un chiaro sintomo dell’influenza dell’Urss nella operazione, poiché era noto che la RAF agiva in stretto collegamento ideologico ed operativo con un gruppo palestinese finanziato ed armato dall’Urss. Ricordo che il Senzani, alla conclusione del dibattito, disse che con la operazione Dozier, l’ala militarista delle Br si era buttata nelle braccia dell’Urss. Senzani riferì che parlando con All, in Francia, costui aveva discusso dell’operazione Dozier, facendo questa battuta: “sapevamo che avreste compiuto un’azione sul piano internazionale, ma non così presto” [il sequestro era avvenuto il 17 dicembre 1981]. All soggiunse che il suo Boss era entusiasta della operazione Dozier. Senzani disse che anche All e la sua organizzazione avevano manifestato il convincimento che la operazione Dozier avrebbe spostato le Br verso l’orbita sovietica».

Giovanni Senzani, tornato definitivamente in libertà nel febbraio 2010, dopo 17 anni di carcere e i restanti di semilibertà, ha rilasciato il 25 ottobre 2010 un’intervista a Repubblica, dove tra le altre cose ha affermato: «Sono in pensione, anche se continuo a collaborare con le Edizioni della Battaglia. Verrà il tempo di parlare del mio passato». Ecco, forse quel tempo è giunto. Il redattore del “reperto 174 del sequestro di via Tor Sapienza”, potrebbe spiegare cosa gli disse Abu Ayad quando si incontrarono a Parigi e svelare finalmente perché il numero due di Fatah, il fondatore di Settembre Nero citò Bologna fra i principali attentati compiuti in Europa fino a quel momento.

Gian Paolo Pelizzaro
Gabriele Paradisi
François de Quengo de Tonquédec