L’inchiesta sulla contaminazione e la morte di Alexander Litvinenko entra nel vivo. Domani 13 dicembre 2012 alle ore 10.30 precise, presso la Camera del Consiglio della Camden Town Hall a Judd Street, si apre l’udienza preliminare davanti all’Assistant Deputy Coroner dell’Inner North London District of Greater London, giudice dell’Alta Corte di Giustizia Sir Robert Owen, per accertare le cause che hanno provocato la morte del defezionista russo, ex ufficiale dell’FSB, eliminato a Londra con una dose mortale di polonio 210 nel novembre di sei anni fa. Va ricordato che, al momento del decesso (avvenuto dopo 22 giorni di agonia, la sera del 23 novembre 2006), Litvinenko, 44 anni, era da un mese cittadino britannico.

Per esaminare i vari filoni d’indagine all’ordine del giorno, l’udienza andrà avanti anche nella giornata di venerdì. Tecnicamente, si tratta di una pre inchiesta (o inchiesta preliminare) finalizzata a circoscrivere il campo d’indagine, per identificare gli eventuali sospettati e per scartare ogni altra ipotesi sul delitto. Saranno esaminati tutti i vari aspetti della vicenda, nulla sarà tralasciato anche per evitare ulteriori strumentalizzazioni del caso, anche dal punto di vista politico-diplomatico.

Si tratta di un passaggio istruttorio molto importante, quello di domani e di venerdì, perché il Coroner, assistito da un Legal Team composto da due Barrister (pubblici ministeri), Hugh Davies e Andrew O’Connor, darà le direttrici sulle quali condurre l’inchiesta, comprese le varie problematiche ancora aperte del caso, le procedure da seguire e gli ambiti del procedimento.

Fra i nomi che compaiono all’ordine del giorno di domani, emesso dal giudice Owen, ci sono anche quelli del napoletano Mario Scaramella, l’ex consulente della Commissione Mitrokhin, e Alexander Talik, ex ufficiale del Servizio di protezione federale russo (FSO), all’epoca dei fatti clandestino a Napoli.

Scaramella vide Litvinenko il giorno del suo avvelenamento, nel primo pomeriggio di mercoledì 1° novembre 2006 a Piccadilly Circus. Il napoletano – come è stato poi accertato dall’investigazione condotta dal Counter Terrorism Command SO15 di Scotland Yard – si incontrò con il defezionista russo dopo la prima, potente esposizione al polonio 210, avvenuta nella tarda mattinata del 1° novembre al Millennium Hotel di Grosvenor Square dove Litvinenko ebbe un meeting con alcuni russi, fra cui Andrei Lugovoi e Dmitri Kovtun. Non è escluso che nella pianificazione dell’attentato fosse previsto anche l’incontro tra Scaramella e l’obiettivo (Litvinenko) per poter poi scaricare sull’italiano la responsabilità del delitto. Cosa che, peraltro, è puntualmente avvenuta da parte della magistratura russa.

Rispetto all’esito delle ultime udienze tenutesi il 20 settembre e il 2 novembre scorsi, il Coroner ha accolto le richieste avanzate dal Barrister Hugh Davies e ha formalizzato in questo modo le ulteriori ipotesi accusatorie: «Il possibile coinvolgimento di Mario Scaramella, il possibile coinvolgimento di gruppi ceceni e le possibili minacce di morte da parte di altri, ad esempio Alexander Talik».

È la prima volta, dopo la lunga e articolata inchiesta sulle pagine del quotidiano “Il Roma” del 2007, che il nome di Talik viene ufficialmente messo in relazione all’omicidio di Litvinenko. E poiché l’inchiesta preliminare condotta dal Coroner – così come risulta dai verbali d’udienza – si estenderà ben oltre la meccanica relativa alle circostanze della morte del defezionista russo, l’accoglimento da parte del giudice Owen dei rilievi formulati dal pubblico ministero Davies nei quali emergeva con forza, oltre al nome di Scaramella, anche quello dell’ex agente segreto prima del KGB e poi dell’FSO Talik (ha prestato servizio nello stesso reparto di Andrei Lugovoi) dimostra che quel filone investigativo era meritevole di approfondimento.

L’ucraino Talik, infatti, come abbiamo più volte scritto in passato, viveva clandestino a Napoli dal 1999 e per un periodo entrò in contatto con Scaramella il quale ha sempre nutrito profondi sospetti sul personaggio. Fu proprio Litvinenko, durante il suo soggiorno a Napoli ospite di Scaramella a gennaio-febbraio 2004 (durante il quale era stato sottoposto a una sorta di lungo debriefing sulle attività criminali dei servizi segreti russi e sulle saldature tra apparati statali della Federazione russa e criminalità organizzata, con ipotesi di collegamento che avrebbero coinvolto anche l’Italia), ad aver assunto le primissime informazioni su Talik e sulla sua attività in Italia. La fonte che portò Scaramella a denunciare un presunto piano di aggressione contro di lui e nei confronti dell’allora presidente della Commissione Mitrokhin, Paolo Guzzanti, fu proprio Litvinenko, il quale – mesi dopo – parlò di un gruppo di ucraini (come Talik) che stavano trasportando in Italia, a bordo di un furgone, granate anticarro da usare nel presunto attentato. Scaramella denunciò la cosa alla Squadra Mobile di Napoli e per questo è poi stato processato per calunnia aggravata e continuata.

«Talik è nato il 17 febbraio 1970. Ho dato a Mario Scaramella informazioni su quest’uomo, ex ufficiale del KGB. Ho controllato in Russia, attraverso i miei amici, informazioni sulle sue attività criminali in Italia. Quest’uomo ha contatti con servizi speciali russi, FSB e SVR e i servizi d’intelligence di Russia». E ancora: «Ho dato informazioni su Talik a Mario Scaramella, sulle attività criminali di Talik e dei suoi amici in Italia. Ho detto a Mario che questi gruppi prendono informazioni sulla Commissione Guzzanti [Mitrokhin, ndr], sui membri della Commissione Guzzanti, su Mario Scaramella, sul suo interprete, il suo nome è Andrej [il cittadino russo Andrej Ganchev, ndr], e su mio fratello [Maxim Litvinenko, ndr]». Queste le parole registrate di Litvinenko, risalenti al 23 novembre del 2005. Un anno esatto prima della sua morte.

Il defezionista russo afferma di aver iniziato a fornire a Scaramella informazioni (riscontrate in Russia) su Talik già nel settembre del 2005, aggiungendo che «nell’ottobre 2005 sono stato in Italia, e ho avuto contatti con Mario Scaramella un giorno prima che arrestassero Talik e il suo gruppo criminale. Mario Scaramella mi ha fatto domande su Talik e i suoi gruppi, gli ho risposto». L’ex ufficiale dell’FSB si riferiva all’arresto, avvenuto all’alba del 16 ottobre 2005 a Mosciano Sant’Angelo, in provincia di Teramo, di quattro cittadini ucraini (poi processati e assolti e tra i quali, erroneamente da quanto dichiarato da Litvinenko, Talik non figurava, né sarà mai arrestato) a bordo di un furgone che trasportava due granate da guerra per Ak-47 destinate – a detta di Litvinenko – ad «un progetto di aggressione» ai danni di Scaramella e Paolo Guzzanti.

Il 18 ottobre 2005, a sommarie informazioni rese alla Squadra Mobile di Napoli, Scaramella dichiarò che i contatti con Litvinenko intercorsero il 14 ottobre, e per l’esattezza prima di mattina con un fax ed una telefonata, poi con un incontro a Roma (alla Stazione Termini, come lo stesso Scaramella aveva precisato a verbale il giorno precedente) «alle ore 17,40 assieme a suo fratello Max (Maxim, fratello di Alexander, ndr)». Con il fax Litvinenko anticipò a Scaramella il nome di Talik come l’uomo «interessato a ricevere a Napoli detto materiale (le granate, ndr)». Nella telefonata al napoletano, il defezionista russo confermava «l’informazione già accennatami (a Scaramella, ndr) il giorno precedente dal fratello di questi, Max Litvinenko, che uno o due cosiddetti “pullmanini” con alla guida cittadini ucraini sarebbe arrivato in Italia con l’equipaggiamento “speciale” per un attentato».

Infine, nell’incontro a Roma, confermando a Scaramella il nome di Talik anticipatogli via fax e specificando «che l’armamento da guerra sarebbe servito per un attentato voluto dai servizi di sicurezza russi e ucraini, fra di loro collegati, per creare problemi al governo italiano e minacciare il presidente della Commissione Mitrokhin». Il 14 ottobre 2005, però, Scaramella incontra a Napoli anche l’ucraino Volodymyr Kobyk, in piazza Carlo III, durante tale incontro, come dichiarato dallo stesso Scaramella a sommarie informazioni il 17 ottobre, Kobyk lo informa «che dalla parte orientale dell’Ucraina erano partite delle armi alla volta di Napoli ». «Il Kobyk, su mia richiesta – aggiunge Scaramella – mi ha riferito che avrebbe raccolto ulteriori informazioni sul tipo di armi e sul loro percorso, notizie che mi sono state riferite e che io ho immediatamente “girato” ai competenti uffici di polizia con le denunce che ho richiamato». Infatti, il 14 ottobre, alle ore 12,30, Scaramella presenta la prima denuncia al commissariato Dante di Napoli, dopo aver ricevuto da Litvinenko il fax e la telefonata, e dopo l’incontro con Kobyk il quale, nel corso dell’istruttoria, smentirà di aver fornito quelle informazioni a Scaramella.

Alle 17,40 del 14 ottobre, in un clima generale di allarme, Scaramella incontrò a Roma Litvinenko il quale, alla presenza del fratello Maxim, gli fornì ulteriori informazioni che il giorno dopo, 15 ottobre, l’ex consulente metterà nero su bianco alla Questura di Napoli, integrando la sua denuncia del giorno precedente, affermando «di avere avuto notizie nella giornata del 14 ottobre» da Litvinenko di uno o due veicoli «in arrivo a Napoli nella serata di oggi 15 ottobre» con «equipaggiamento per un attentato ovvero granate e relativi sistemi d’arma». Scaramella ha aggiunto che il defezionista «mi ha specificato che tale armamento da guerra servirebbe in “un attentato voluto dai servizi di sicurezza russi ed ucraini per minacciare il presidente della Commissione Mitrokhin o il sottoscritto consulente o l’interprete Ganchev in quanto persone a conoscenza di fatti che riguardano la sicurezza di quei Paesi”».

Ma il colpo di scena ci sarà il 28 novembre del 2005 quando Litvinenko, in una intervista rilasciata alla testata Novosti Ucraina, fece pubblico riferimento a Talik e alle sue presunte attività criminali in Italia, dichiarando erroneamente che l’ucraino sarebbe stato arrestato nell’ambito del sequestro delle granate in provincia di Teramo il 16 ottobre precedente. Un errore macroscopico che fece ancor più infuriare Talik, messo al corrente dell’intervista di Litvinenko presumibilmente dallo stesso Ganchev. Per l’ex agente dell’FSO clandestino a Napoli e molto probabilmente sotto copertura anche da parte di qualche struttura italiana su richiesta delle autorità federali russe, la misura era colma. In una telefonata intercettata dalla polizia la sera del 22 dicembre 2005 nell’ambito dell’indagine scaturita dalle denunce di Scaramella sulle granate spedite in Italia dall’Ucraina, Talik affermava testuale: «Ho chiesto il recapito di questo stronzo [riferito a Litvinenko, ndr], chi ha fatto queste dichiarazioni, tutte queste bugie. Ho dato tutto a un ragazzo che si chiama Vitalik e porterà tutto a Mosca. Io ho tanti amici a Mosca, ho studiato in quella città e ho tanti amici: un generale che adesso è in Iraq, un colonnello e un comandante a Odessa. Anche un altro comandante al Cremlino».

In un’altra telefonata del 5 gennaio 2006 con la convivente, intercettata sempre dalla Squadra Mobile di Napoli, Talik aggiungeva: «Ha nominato anche alcuni personaggi, grandi colonnelli etc. [si riferisce a Scaramella, ndr], dice che Andrej [Ganchev, ndr] ha dato le informazioni a questo maresciallo dell’FSB [qui parla di Litvinenko, ndr] e lui ha scritto l’articolo. Ma dico io, questo colonnello non ha niente da fare tranne che scrivere queste cose deliranti, delirio assoluto, incomprensibile, capisci?». Poi, riferendosi sempre a Scaramella: «Mi ha proposto la stessa cosa, lui vuole fare la stessa cosa con Andrej, così lo potrà utilizzare come vuole. Io gli ho detto che non gioco a questi giochi, e cosa potrà succedere se io agli amici ho mandato la copia dell’articolo scritto da Andrej [qui Talik attribuisce il testo dell’intervista di Litvinenko al lavoro di traduzione fatto da Ganchev, ndr], mi daranno l’informazione chi è questa persona, che cosa ha fatto, che porco è e da dove è uscita fuori». Davanti ai magistrati di Roma, Talik confermerà di essersi riferito proprio a Litvinenko, ma – temendo un diretto coinvolgimento nell’omicidio del dissidente – smentirà di aver spedito quel dossier a Mosca che – a quanto pare – potrebbe aver innescato la macchina della rappresaglia a base di polonio.

Questo spiega perché l’inchiesta preliminare condotta dal Coroner cercherà di fare chiarezza proprio tra i risvolti inquietanti e ancora oscuri della vicenda che da Napoli, via Mosca, sembrano portare il complotto direttamente fino a Londra.

Gian Paolo Pelizzaro