Si torna a parlare di Maria Fresu, la giovane mamma di 23 anni morta nella strage di Bologna con la figlioletta Angela e il corpo della quale non fu mai ritrovato dopo che gli ultimi accertamenti e comparazioni sul dna hanno escluso che i resti tumulati nel cimitero di Montespertoli appartenessero a lei. Il Comune della provincia di Firenze ha approvato, nei giorni scorsi, una delibera di giunta che prevede “l’esenzione dal pagamento della lampada votiva di Angela e Maria Fresu, decedute nella strage di Bologna del 2 agosto 1980”.

La delibera dispone “l’esenzione del pagamento della lampada votiva” delle due vittime, “tumulate nel cimitero del capoluogo di Montespertoli” dando atto del fatto che “non è prevista a carico dell’ente la necessità di copertura finanziaria” in quanto la società competente ha “manifestato la volontà di rinunciare al compenso previsto per la gestione delle lampade votive”. Nella delibera si ripercorre brevemente anche la storia dei resti attribuiti a Maria Fresu che, “su richiesta del presidente della Corte di Assise di Bologna, nell’ambito del processo per concorso sulla strage di Bologna, si è proceduto, nel 2019”, a riesumare al fine “di poter esperire le perizie chimico-esplosivistiche, per permettere la comprensione della dinamica di quella tragedia”. Il Comune ha deliberato l’esenzione del pagamento della lampada votiva “considerato che tali perizie sono state espletate e che si è proceduto nuovamente alla tumulazione dei resti mortali nel medesimo loculo presso il cimitero di Montespertoli”.

In realtà, interpellato dall’Adnkronos, il sindaco di Montespertoli Alessio Mugnaini spiega che non si è trattato di una nuova tumulazione, ma che è stata ricollocata la parte di resti riesumata ma non sottoposta ad esami.

Avvocato Bordoni, ‘su resti ancora disponibili respinte istanze per nuovi esami, sconcertante’

I reperti riesumati e sequestrati invece restano ancora nella disponibilità del tribunale: “Abbiamo fatto istanze perché, nella persistente disponibilità del materiale biologico, si approfondisse definitivamente l’indagine del dna per verificare la compatibilità di quei resti con quelli di altre vittime femminili e per scoprire le caratteristiche morfologiche”, conferma l’avvocato Gabriele Bordoni, difensore con l’avvocato Alessandro Pellegrini di Gilberto Cavallini, l’ex Nar condannato in primo grado all’ergastolo per la strage di Bologna.

Istanze, riferisce l’avvocato Bordoni, “respinte perché è stato ritenuto che, finora, non ci fossero i presupposti. Lascia sconcertati come cittadini – conclude Bordoni – il fatto che, dopo oltre 40 anni, non interessi verificare ciò che è accaduto”.

(AdnKronos)