Per arrivare a determinare la quantità di esplosivo realmente utilizzato nella strage di Bologna – fra gli 11-15 chilogrammi anziché i 20-25 stabiliti dalle precedenti analisi – i periti Danilo Coppe, esplosivista geominerario, e il colonnello dei carabinieri Adolfo Gregori, comandante del Laboratorio Chimica Esplosivi del Ris di Roma che ieri hanno consegnato al presidente della Corte d’Assise di Bologna le loro conclusioni, sono partiti dai danni provocati dalla deflagrazione e, inizialmente, dalla distanza alla quale sono stati proiettati i frammenti di muratura degli edifici danneggiati ricordando che i “muri della Stazione Centrale di Bologna, all’epoca dell’avvenimento, erano costituiti da una muratura portante in mattoni pieni legati, con tutta probabilità, da malta di calce”.

“A partire dalla distanza di proiezione dei frammenti – spiegano i periti nel documento che sarà illustrato in aula a Bologna il 10 luglio prossimo – viene valutata la velocità di partenza del frammento”. Da lì, attraverso equazioni, formule abbastanza complesse e modelli matematici elaborati da software specialistici, si è arrivati a determinare il valore della cosiddetta “onda di airblast” ovvero l’onda di sovrappressione e, quindi, il valore più probabile del quantitativo di esplosivo» secondo le tabelle del Manuale pratico di esplosivista civile.

“Dalle testimonianze e dalle fotografie contenute nei fascicoli investigativi, la maggior parte dei frammenti è stata trovata in un raggio intorno ai 25 m di distanza sul versante del piazzale della stazione”, scrivono Coppe e Gregori nella relazione peritale conclusa dopo 2 mesi di lavoro e alla quale allegano le foto dell’epoca spiegando che “è stato preso in considerazione il versante esterno, poiché il calcolo della distanza verso il binario è stato falsato dalla presenza del treno (il convoglio Ancona-Chiasso, ndr) sul binario al momento dell’evento”.

In particolare, l’esplosivista geominerario – che ha al suo attivo circa 700 abbattimenti controllati con esplosivo ed è impegnato, in questi giorni, a demolire, in prima persona, ciò che resta del Ponte Morandi – e il comandante della sezione chimica del Ris di Roma, richiamano uno studio dell’Università di Padova e parlano di “espansione sferica caratteristica di una detonazione di TNT”, cioè l’esplosivo di riferimento in dottrina, una condizione “molto simile a quanto verificatosi durante l’evento di Bologna”.

“Dalle testimonianze e ricostruzioni – scrivono Coppe e Gregori – sembra che l’esplosivo, di fabbricazione militare, era posto in una valigia, sistemata a circa 50 centimetri d’altezza su di un tavolino portabagagli sotto il muro portante dell’ala Ovest”. Un altro elemento utilizzato dai periti della Corte di Assise di Bologna per valutare la quantità di esplosivo utilizzato nell’ordigno che ha fatto 85 morti alla stazione di Bologna il 2 agosto 1980 è stata la dimensione del cratere provocato dalla deflagrazione.

Da questo punto di vista Coppe e Gregori richiamano il fascicolo della prima perizia nel quale viene così descritto il cratere provocato dall’ordigno all’interno della sala d’attesa di seconda classe della stazione: “‘… Si è evidenziato… OMISSIS… un avvallamento a forma di cratere della profondità media, nella zona centrale, di cm. 23 circa e massima di cm. 35 circa rispetto al piano del pavimento. OMISSIS… Quest’ultimo, a mosaico con tessere di colore biancogrigio, è stato completamente divelto nella zona centrale dell’avvallamento, per circa c. 120 x 100, mentre presenta i contorni frantumati e frastagliati a strati degradanti verso il centro del cratere per un’area totale di mt. 2,80 x 3,67’”.

In definitiva, concludono Danilo Coppe e Adolfo Gregori, “dalle formule precedentemente esposte…sono necessari 11.79 kg di TNT equivalente che, in termini di Compound B, equivalgono a 10,31 kg”. “Se la carica fosse stata posta a terra -precisano i due periti – le quantità necessarie a creare il cratere e i danni da rottura riscontrati, si pongono con quantità di Compound B, pari a circa 10 kg.

Tuttavia, essendo molto probabile la presenza di cariche di lancio e, secondo alcune ipotesi del passato, che la carica era posta su un tavolino, la quantità può attestarsi attorno ai 15 kg”. Ben diversa dai 20-25 chilogrammi ipotizzati dalle precedenti perizie.

(AdnKronos)