carlos_3Mancano cinque giorni all’inizio del processo di Parigi contro Carlos e gli altri appartenenti il suo gruppo Christa-Margot Fröhlich, Johannes Weinrich e Ali Kamal al-Issawi, per gli attentati del 1982-1983 che provocarono complessivamente 11 morti e 190 feriti (la scheda).
Carlos è stato trasferito dalla prigione di Poissy alla Santé di Parigi. Il 27 ottobre il terrorista venezuelano aveva interrotto lo sciopero della fame iniziato il 18 ottobre dopo che l’autorità penitenziaria l’aveva posto in isolamento.

La misura era stata presa in seguito ad una intervista telefonica rilasciata proprio il 18 ottobre da Carlos al giornalista francese Nikos Aliagas dell’emittente radiofonica Europe 1. Carlos attualmente ha diritto a tre telefonate settimanali: una ai familiari, una ai suoi avvocati e una all’Ambasciata venezuelana.  È stato durante una di queste telefonate che è avvenuta l’intervista intitolata «È un miracolo se sono ancora in vita», intervista che può essere ascoltata all’indirizzo:

http://www.europe1.fr/MediaCenter/Emissions/Nikos-Aliagas/Videos/Carlos-C-est-un-miracle-que-je-sois-encore-en-vie/

In essa Carlos accusa, chiamandolo “gangster” e “vecchio delinquente” l’ex Primo Ministro Charles Pasqua, colpevole di aver ordinato – a detta sua – la “extraordinary rendition” compiuta il 14 agosto 1994 a Karthoum, in Sudan, quando le autorità locali lo arrestarono e lo consegnarono ai funzionari dell’antiterrorismo francese (Dst).

Carlos ha detto che i servizi segreti di mezzo mondo volevano ucciderlo ed «è un miracolo che io sia ancora in vita».

Ricordando il sodalizio con Gheddafi, che gli fornì armi e appoggi logistici, ha condannato la guerra in Libia, accusando la Francia ma anche l’Italia di questo deplorevole atto: «La Libia è un paese inventato proprio dall’Italia, era un insieme di tribù che non avevano niente in comune. E Gheddafi è riuscito a dare ai suoi cittadini la qualità della vita più alta di tutti i paesi dell’Africa. Ha aiutato i rivoluzionari di tutto il mondo».

Interessante il passaggio in cui Carlos, anche a nome dei suoi compagni d’armi co-inputati, rivendica l’innocenza relativamente agli attentati per cui sono chiamati a giudizio, contrariamente ad altri terroristi che si sono spesso assunti la responsabilità dei loro atti criminali.