La Procura di Bologna sta indagando anche su Abu Anzeh Saleh. La materia sul misterioso viaggio a Roma del responsabile in Italia del Fronte popolare di George Habbash, richiesto dall’allora giudice istruttore Aldo Gentile nell’ambito dell’istruttoria sulla strage  di Bologna, è coperta dal segreto istruttorio. Questa la notizia principale contenuta nella risposta che il governo, nella persona del sottosegretario all’Interno, prefetto Carlo De Stefano, ha fornito questa mattina in Parlamento all’interpellanza presentata da alcuni deputati fra cui Enzo Raisi di Fli dopo la pubblicazione (il 17 settembre scorso) del nostro articolo (“Bologna, quel viaggio segreto a Roma di Abu Anzeh Saleh richiesto un anno dopo la strage dal giudice che indagava sull’attentato alla stazione ferroviaria” – su segretidistato.it) –http://segretidistato.liberoreporter.it/index.php/home/primo-piano/primo-piano/207-bologna-quel-viaggio-segreto-a-roma-di-abu-anzeh-saleh-richiesto-un-anno-dopo-la-strage-dal-giudice-che-indagava-sullattentato-alla-stazione-ferroviaria.html.

La risposta del governo è puntuale e ricca di dettagli e la scelta di averla affidata al prefetto De Stefano non poteva essere migliore, visto che l’attuale sottosegretario tra il 2003 e il 2009 è stato direttore della Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione (ex Ucigos). Il contenuto della risposta all’interpellanza dimostra che la materia è stata affrontata seriamente e le singole circostanze scandagliate fino in fondo.

Rimane, tuttavia, un mistero il motivo del viaggio a Roma richiesto il 10 settembre del 1981 dal consigliere aggiunto di Bologna Aldo Gentile alla Corte d’Appello de L’Aquila (competente sul giordano di origini palestinesi poiché imputato nel processo di secondo grado insieme ai tre esponenti di Autonomia operaia Daniele Pifano, Giorgio Baumgartner e Giuseppe Luciano Nieri per la vicenda del trasporto di due lanciamissili terra aria di fabbricazione sovietica SAM 7Strela di proprietà dell’FPLP), neanche un mese dopo la controversa scarcerazione di Saleh (l’unico fra i quattro imputati a uscire dal carcere dopo la condanna in primo grado – il 25 gennaio 1980 – a sette anni di reclusione per detenzione e trasporto illegittimo di armi da guerra). Il giordano di origini palestinesi nato ad Amman il 18 maggio 1949 era stato, infatti, scarcerato il 14 agosto 1981 con ordinanza della Corte d’Appello de L’Aquila a seguito della pronuncia della Corte di Cassazione (sezione feriale penale) dell’8 agosto 1981, in accoglimento del ricorso presentato dal difensore del giordano, avvocato Edmondo Zappacosta del Foro di Roma. Secondo il SISMI, Zappacosta era l’avvocato di fiducia dell’Ambasciata libica a Roma.

Agli atti dell’istruttoria principale sulla strage del 2 agosto 1980 non vi è alcun atto o riscontro precedente o successivo al viaggio di Saleh a Roma che, inspiegabilmente, da una iniziale settimana richiesta (dal 15 al 21 settembre) passò a dieci giorni (dal 15 al 24 settembre 1981). Eppure, quella missione venne motivata dal giudice Gentile «ai fini procedimento relativo attentato stazione ferroviaria Bologna 2 agosto 80». Prima del nostro articolo, non era noto che nell’istruttoria principale sulla strage c’era un filone che portava fino ad Abu Anzeh Saleh e all’FPLP. Se la missione a Roma di Saleh era da considerarsi propedeutica a un atto istruttorio, perché non c’è nulla agli atti che spieghi i motivi di quel viaggio? Perché non si conosce la genesi della richiesta del giudice Gentile? Perché non c’è nessun atto istruttorio che riepiloghi l’esito della missione? Qual era la posizione e il ruolo di Saleh nell’inchiesta sull’attentato alla stazione ferroviaria?

A questi interrogativi, peraltro già presenti nel nostro primo articolo e declinati nella prima interpellanza presentata da Raisi il 19 settembre scorso (http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_16/showXhtml.Asp?idAtto=59997&stile=6&highLight=1&paroleContenute=%27INTERPELLANZA+URGENTE%27 ehttp://www.camera.it/410?idSeduta=0697&tipo=stenografico#sed0697.stenografico.tit00060.sub00030), si aggiunge un’altra coincidenza, forse la più importante rispetto alle tante altre che costellano questa storia e che ci riporta alla questione (centrale) dell’accordo tra i vertici di Fatah (leggi Abu Ayad) e le Brigate Rosse per la gestione dell’arsenale strategico dei palestinesi trasportato in Italia da Mario Moretti, Riccardo Dura e Sandro Galletta sulla barca a vela Papago dello psichiatra anconetano Massimo Gidoni, nel famoso viaggio Italia-Libano-Italia dell’agosto-settembre del 1979 (Operazione “Francis”).

Il misterioso viaggio di Saleh a Roma coincide, infatti, con la consegna da parte di Fulvia Miglietta, nome di battaglia “Nora”, la brigatista della colonna genovese compagna di lotta e di vita di Riccardo Dura, del numero di telefono del contatto della centrale di Fatah a Parigi a Giovanni Senzani, il criminologo ideologo forlivese il quale – dopo l’arresto di Mario Moretti a Milano il 4 aprile 1981 – aveva preso in mano le redini dell’organizzazione e quindi anche dei contatti internazionali delle Brigate Rosse. «In effetti trasmisi il numero di telefono di Parigi, che avevo avuto da Dura, a Senzani – dichiara a verbale la Miglietta, il 23 aprile 1983, davanti al giudice istruttore di Roma Rosario Priore – Non ho mai usato per ragioni inerenti all’Organizzazione questo numero. Il numero lo consegnai a Senzani nell’agosto del 1981 a Roma. Glielo consegnai nel corso di un incontro avvenuto per strada nei pressi dello Zoo, a Villa Borghese».

Fu proprio grazie a quel numero di telefono che Senzani fu in grado di riallacciare i contatti, interrotti con la cattura del capo delle Br, con la centrale di Fatah a Parigi con la quale Moretti aveva stretto il patto di alleanza militare con i palestinesi. Come abbiamo ricostruito nell’articolo «Operazione “Francis”, il tassello mancante del “Lodo Moro”. L’ultimo segreto della Prima Repubblica» (segretidistato.it – 7 agosto 2012 –http://www.segretidistato.it/?p=211), la controparte palestinese di questo accordo è stata identificata in Abu Ayad, alias Salah Khalaf, numero due di Fatah, fondatore di Settembre Nero e responsabile del servizio di sicurezza dell’OLP.

I termini del patto di alleanza militare tra Brigate Rosse e Fatah sono cristallizzati in un documento di straordinario valore, noto col nome di “olografo di Senzani”: un appunto manoscritto su quattro facciate di foglio di quaderno, trovato nel portafogli di Giovanni Senzani al momento della sua cattura da parte della Digos di Roma nell’appartamento-covo di via della Stazione di Tor Sapienza 39, la notte del 9 gennaio 1982. Quel documento, come peraltro aveva evidenziato l’allora giudice istruttore di Venezia Carlo Mastelloni, titolare dell’inchiesta sul traffico di armi tra OLP e Br, costituisce un riscontro «dalla pregnanza probatoria polivalente» al «patto di collaborazione strategico-operativa tra Br e OLP, di cui aveva detto [Antonio] Savasta; ai contatti pregressi di Moretti a Parigi; al ruolo criptico di al-Fatah e dei servizi di sicurezza OLP nel programma immediato e mediato anche dalla organizzazione Brigate Rosse; alla politica dei depositi strategici di armi attuata in Italia dall’OLP». L’olografo (atto scritto di pugno dall’autore) è catalogato come reperto 174 del sequestro di via Tor Sapienza ed è stato scritto da Senzani, molto probabilmente, o durante o immediatamente dopo il primo vertice tenutosi a Parigi tra l’agosto e il dicembre del 1981 con Abu Ayad durante il quale – il numero due di Fatah – riepilogava al nuovo capo delle Brigate Rosse i termini dell’accordo precedentemente raggiunto con Moretti soprattutto sulla gestione dell’arsenale strategico palestinese, trasferito in Italia da Moretti, Dura, Galletta e Gidoni con il Papago nell’agosto di due anni prima.

Con l’arresto di Saleh per la vicenda dei missili di Ortona (7 novembre 1979) il Fronte popolare per la liberazione della Palestina non solo vide decapitato il comando della sua struttura clandestina in Europa, ma soprattutto perse il controllo del suo arsenale in Italia in uno dei frangenti più critici per la causa palestinese e per la storia del Libano. Con la cattura di Mario Moretti, poi, venne meno l’unico interlocutore sul versante brigatista con il quartier generale di Fatah a Parigi che coordinava i collegamenti internazionali della galassia palestinese in Europa. L’inserimento di Senzani con la ripresa dei contatti con la centrale parigina va inquadrato in questo contesto. E siamo proprio nel settembre 1981, quando dall’Ufficio Istruzione del Tribunale di Bologna il giudice istruttore Aldo Gentile chiede con telex alla Corte d’Appello de L’Aquila di autorizzare un viaggio di Saleh di una settimana (poi estesa a dieci giorni) a Roma per fini istruttori. In quel momento, il giordano era reduce da 21 mesi esatti di detenzione (carcerazione preventiva) a seguito dell’arresto compiuto dai carabinieri il 14 novembre del 1979 (una settimana dopo quello di Pifano, Baumgartner e Nieri) nell’ambito delle indagini sui missili di Ortona. La richiesta del giudice Gentile apparve ai colleghi de L’Aquila quantomeno anomala tanto da richiedere al magistrato bolognese la trasmissione di una conferma scritta all’istanza inoltrata il 10 settembre 1981.

Qui di seguito il resoconto stenografico della risposta all’interpellanza – presentata il 7 novembre scorso –http://www.camera.it/410?idSeduta=0719&tipo=stenografico#sed0719.stenografico.tit00040.sub00010.int00040 – illustrata questa mattina alla Camera da Enzo Raisi. Per chiarezza va detto che gli elementi qui rassegnati dal sottosegretario Carlo De Stefano attengono non tanto alla misteriosa missione a Roma del 15-21 settembre 1981 (in cui dettagli sono coperti dal segreto d’indagine), ma a successivi viaggi e spostamenti sempre a Roma che Saleh fu autorizzato a effettuare tra l’agosto e il dicembre del 1981.

La risposta del governo:

Sottosegretario Carlo De Stefano: Presidente, sono qui per illustrare la scansione temporale del viaggio da Bologna a Roma del cittadino giordano Abu Anzeh Saleh, così come richiesto dall’onorevole Raisi e dagli altri onorevoli interpellanti.
In dettaglio, mi si chiede se il predetto cittadino abbia assolto l’obbligo di presentazione presso la questura di Bologna – posto dalla Corte d’Appello dell’Aquila – relativamente al periodo compreso tra il mese di agosto e quello di dicembre del 1981.
Per la specificità della materia, sono stati acquisiti elementi di risposta dal Ministero della Giustizia. Il citato dicastero, in particolare, ha comunicato che, dagli atti del tribunale di Chieti, risultano richieste di Abu Anzeh Saleh o del suo difensore volte a ottenere – per il periodo successivo a quello compreso tra il 15 ed il 21 settembre del 1981 – modifiche o revoche dell’obbligo di dimora a lui imposto nella città di Bologna dalla Corte d’Appello dell’Aquila con provvedimento del 14 agosto 1981.
Il Ministero della Giustizia, in particolare, ha indicato la seguente documentazione: in primo luogo, l’istanza depositata il 22 settembre 1981 e rivolta da Abu Anzeh Saleh al presidente della Corte d’Appello dell’Aquila per essere autorizzato a lasciare Bologna per poter svolgere il proprio lavoro, fermo restando l’obbligo di presentarsi due volte alla settimana in Questura.
In secondo luogo, risulta il rigetto dell’istanza da parte della predetta corte in data 10 ottobre 1981, stante la «genericità» della stessa. In terzo luogo, vi è l’istanza in data 27 ottobre 1981 del difensore di Abu Anzeh Saleh, volta ad ottenere la modifica o revoca dell’obbligo di dimora a Bologna in ragione «dell’attività di intermediazione commerciale – svolta da Abu Anzeh Saleh – tra imprese italiane e operatori arabi», mantenendo l’obbligo di presentazione, una volta alla settimana negli uffici della Questura di Bologna.
In quarto luogo, risulta il parere negativo del procuratore in data 28 ottobre 1981. In quinto luogo, vi sono le istanze in data 3 e 8 novembre 1981, avanzate alla Corte d’Appello dell’Aquila da Abu Anzeh Saleh per essere autorizzato – con la prima istanza – a effettuare un viaggio a Roma di tre giorni per conferire con urgenza con il difensore e – con la seconda istanza – per essere autorizzato, «per esigenze difensive», a soggiornare a Roma dove risiede il difensore, in vista della celebrazione dell’udienza del 25 novembre 1981 per il giudizio dinanzi alla Corte d’Appello dell’Aquila.
In sesto luogo, vi è un provvedimento della Corte d’Appello dell’Aquila del 12 novembre 1981 che autorizza Abu Anzeh Saleh ad allontanarsi da Bologna e a soggiornare a Roma per otto giorni, esonerandolo dall’obbligo di presentazione alla Questura di Bologna ed imponendogli di presentarsi a giorni alterni alla Questura di Roma.
In settimo luogo, vi è la comunicazione della Questura di Roma alla Corte d’Appello dell’Aquila e al Ministero dell’Interno dell’avvenuta presa in carico di Abu Anzeh Saleh e del suo successivo rientro a L’Aquila insieme al difensore, per partecipare alla citata udienza di appello del 25 novembre. Risultano inoltre: le comunicazioni tra la Questura di Roma, la Questura dell’Aquila, la Questura di Bologna, l’autorità giudiziaria aquilana e il Ministero dell’Interno, in data 1° dicembre 1981, concernente il rientro a Roma di Abu Anzeh Saleh in data 26 novembre 1981, che riporta, altresì, la notizia dell’incidente stradale verificatosi durante il viaggio di rientro verso la Capitale, nonché della certificazione medica di Abu Anzeh Saleh attestante la necessità di riposo assoluto e l’impossibilità per il predetto di fare ritorno a Bologna; la comunicazione, il successivo 5 dicembre, tra la Questura di Roma, la Questura de L’Aquila, la Questura di Bologna, l’autorità giudiziaria aquilana e il Ministero dell’Interno attestante il rientro a Bologna di Abu Anzeh Saleh, in seguito al rilascio, il precedente 4 dicembre, del foglio di via obbligatorio da parte della Questura di Roma. Infine, la comunicazione del 7 dicembre da parte della Questura di Bologna alla Questura di Roma, alla questura de L’Aquila e alla Corte d’Appello de L’Aquila, di presa in carico di Abu Anzeh Saleh a partire dal 5 dicembre 1981.
Voglio, inoltre, precisare che sono in corso attività investigative della Questura di Bologna delegate dall’autorità giudiziaria nell’ambito del procedimento penale n. 13225/11 concernenti, tra l’altro, la posizione del cittadino Abu Anzeh Saleh e coperte da segreto istruttorio. Non risultano disponibili, pertanto, ulteriori elementi, in quanto anche i dati richiesti con lo specifico quesito posto dagli onorevoli interpellanti, sono coperti da segreto istruttorio.

Gian Paolo Pelizzaro
Gabriele Paradisi
François de Quengo de Tonquédec