L’iscrizione
nel registro degli indagati, da parte della Procura di
Bologna, di Thomas Kram e Christa-Margot Fröhlich, nell’ambito
del fascicolo
aperto nel novembre 2005 sulla strage alla stazione del 2 agosto
1980, oltre ad aprire scenari «dagli sviluppi imprevedibili», come ebbe a dire
il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano l’8 maggio 2010, ha avuto il
merito di far emergere pubblicamente una notizia
nei termini finalmente corretti.
Da
sempre lamentiamo lo stato in cui versa l’informazione nel
nostro Paese
e questa vicenda ne è una prova concreta. Vediamo di
riassumerla a
grandi linee.
Riprendendo
un filone di indagine già avviato dalla Commissione stragi nella XIII
Legislatura (1996-2001), nell’ambito dei lavori della Commissione Mitrokhin
(2002-2006), i consulenti
Lorenzo Matassa e Gian Paolo Pelizzaro svilupparono una
indagine che
portò al deposito, nel febbraio 2006, di uno studio intitolato Relazione sul gruppo Separat e
il contesto dell’attentato del 2 agosto 1980,
in cui
veniva delineato uno scenario,
rigorosamente documentato, che inseriva la strage alla stazione di Bologna (85
morti, oltre 200 feriti) in una complessa vicenda che
vedeva coinvolti i nostri servizi segreti (il Sismi) e le organizzazioni
palestinesi (in particolare il Fronte popolare per la liberazione della
Palestina – Fplp).
Già
prima del deposito della Relazione di
Matassa e Pelizzaro le risultanze già parzialmente
emerse della loro indagine furono portate all’attenzione del Parlamento, il 28
luglio 2005, con una interrogazione dell’on. Vincenzo Fragalà (poi
tragicamente assassinato nel febbraio 2010). I risultati di questa inchiesta
parlamentare erano talmente pregnanti, che la Procura di Bologna fu
“costretta” ad aprire un nuovo procedimento penale (contro ignoti) nel
novembre 2005. Va fatto notare che il sostituto procuratore che
aprì il nuovo fascicolo, Paolo Giovagnoli, nel 2001 era già stato colui che
aveva aperto e poi immediatamente archiviato un altro fascicolo che, sempre nel
contesto di indagini sulla strage del 2 agosto, si riferiva alle Cellule
rivoluzionarie, un’organizzazione terroristica tedesca legata al
gruppo di Carlos. Ciò testimonia che
nel 2005 vi erano nuovi ed importanti elementi che richiedevano tale
riapertura.
Dal
2005, quindi, una nuova pista per la strage di Bologna, era oggetto
d’indagine da parte dei magistrati, ma nei giornali non se ne parlava
affatto o meglio, se ne parlava per bocca di autorevoli personalità
che, nel legittimo intendimento di difendere la verità giudiziaria
a cui si è giunti nel 1995 e nel 2007, con sentenze definitive
che condannano come esecutori materiali Giuseppe Valerio Fioravanti, Francesca
Mambro e
Luigi Ciavardini, relegavano la pista palestinese come un déjà vu se
non addirittura
come un ennesimo depistaggio.
Non
credo sia necessario sottolineare come in questo caso i
giornali si
siano prestati ad una vera e propria opera di disinformazione
anche con
ruolo attivo, per esempio nella lunga (e tutt’ora in corso) campagna di
delegittimazione della Commissione Mitrokhin da cui la nuova
indagine era di fatto scaturita.
In
questi giorni, pur con molte inesattezze spesso pacchiane,
per la
prima volta i cittadini attraverso i quotidiani e i notiziari radiotelevisivi,
hanno finalmente saputo che cos’è il “lodo Moro”, hanno saputo che il gruppo
Carlos era formato da terroristi tedeschi che
avevano grande confidenza con l’esplosivo, hanno saputo che i palestinesi
utilizzavano Carlos per le loro azioni più eclatanti e sanguinose.
Non
sappiamo dire come si concluderà questa vicenda e se mai si giungerà
ad una nuova verità giudiziaria o almeno storica. Accontentiamoci per il momento
di questo primo risultato: il trionfo dell’informazione
veritiera.