Il processo a Carlos in corso a Parigi sta sollevando qualche imbarazzo in Venezuela.
Nell’intervista pubblicata il 6 novembre su Siete Días, il settimanale del quotidiano El Nacional, Carlos ha infatti dichiarato di identificarsi con l’attuale governo di Hugo Chávez. Addirittura, non disperando di tornare un giorno libero nel suo Paese natale, Carlos ha affermato che in quel caso intende lavorare personalmente per il PCV (Partido Comunista de Venezuela)e per il Governo. Quando gli è stato chiesto se lo avrebbe fatto per via democratica e pacifica Carlos ha risposto “Estamos en el poder y las armas son para defenderlo” (Siamo al potere e le armi sono per difenderlo).
A questo punto in Venezuela molti si chiedono se in caso di sconfitta elettorale alle prossime elezioni di ottobre 2012 Hugo Chávez rispetterà il verdetto popolare lasciando il governo.
Carlos in altre parole alimenta e si allinea alla posizione di Henry Rangel Silva detto “el general rojo rojito” il quale ritiene inaccettabile un presidente diverso dal comandante (Chávez) e che la sua permanenza al potere dovrebbe essere assicurata anche con l’uso della forza militare.
Carlos muove solo una critica personale al Presidente sostenendo che il suo è l’unico caso nella storia dell’umanità nel quale un capo militare che ha il Paese a suo favore disdegna il sangue. Carlos è infatti convinto che non si possa fare (e mantenere) una rivoluzione in maniera pacifica.
Nel frattempo il terrorista venezuelano ha continuato a rispondere alle domande del presidente del Tribunale, Olivier Leurent. Il 9 novembre, terzo giorno del processo, Carlos, il quale sostiene di avere in vita sua utilizzato più di cento passaporti e che il nomignolo gli fu assegnato da un suo compagno che lo indicò in un passaporto riferendosi all’ex presidente venezuelano Carlos Andrés Pérez, ha dichiarato di aver partecipato ad un centinaio di operazioni armate tra il 1971 e il 1976 e non solo per conto del Fronte popolare per la liberazione della Palestina (Fplp). Ha confermato di essere entrato nelle file del gruppo palestinese negli anni ’60 dopo essere stato espulso dall’Università Lumumba di Mosca e di essersi addestrato in campi palestinesi in Giordania. Ha ricordato come, pur mantenendo i contatti con molti attivisti, nel 1976 uscì dall’Fplp (i contrasti con Wadi Haddad, responsabile dell’Fplp per le operazioni all’estero, sorsero dopo l’operazione all’Opec di Vienna del 21 dicembre 1975, nella quale Carlos disattese gli ordini di Haddad preferendo un riscatto in denaro all’uccisione dei ministri del petrolio sauditi). Fu ad Algeri, dove peraltro terminò il sequestro dei ministri del petrolio dell’Opec, che egli creò l’Organizzazione dei rivoluzionari internazionalisti (Ori).
L’Ori, che raggiunse “un migliaio” di membri, non era “un’organizzazione di massa” e per questo motivo la sua funzione non fu la propaganda.
L’udienza del 9 è stata dedicata a esaminare la personalità di Carlos che si è dichiarato “emotivo” ma “di sangue freddo” in combattimento.
Infine Carlos ha negato di aver rilasciato nel 1979 al giornale Al-Watan al-Arabi un’intervista nella quale si attribuiva diversi attentati commessi durante gli anni ’70. “In quell’intervista si dicono sciocchezze”, ha sostenuto il terrorista venezuelano prima che il presidente del tribunale lo confrontasse con alcuni manoscritti che gli sono attribuiti e che erano in possesso del direttore del giornale filoiracheno di orientamento antisiriano che sarà oggetto poi di un attentato il 22 aprile 1982. È questa una delle quattro stragi di cui si occupa il processo in corso.