AldoMoro3Br1Il Centro Studi sulla Storia dell’Europa Orientale (CSSEO) di Levico Terme, che dal 1997 svolge un’encomiabile attività di studio, di ricerca scientifica e di divulgazione sulla cultura e la storia dell’Europa centro-orientale e dell’ex Unione Sovietica, ha recentemente pubblicato il suo Working Paper No. 152 firmato da Fernando Orlandi e intitolato “Il Kgb e il terrorismo italiano: un memorandum del 1980”.

La Commissione per la divulgazione dei documenti e l’annuncio dell’affiliazione di cittadini bulgari con la Sicurezza di stato e i Servizi di intelligence dell’Esercito nazionale bulgaro [Комисия за разкриване на документите и за обявяване на принадлежност на български граждани към Държавна сигурност и разузнавателните служби на Българската народна армия], ha infatti pubblicato a Sofia un volume (il terzo della serie) intitolato Mezhdunarodniyat terorizam v dosietata na DS. Dokumentalen sbornik [Международният тероризам в досиетата на ДС. Документален сборник] (Il terrorismo internazionale nei file DS. Raccolta documentale), in cui sono riprodotti in anastatica 98 documenti (per complessive 461 pagine).

Il documento n. 14 è un memorandum redatto nel 1980 (presumibilmente verso la metà dell’anno) dal Kgb sul terrorismo italiano. Nel Working Paper non è specificato quale Direttorato del Kgb lo produsse.

Un passaggio del documento in particolare merita di essere analizzato.

«In terzo luogo il terrorismo italiano ha superato le frontiere nazionali. Nell’ultimo periodo si è avuta notizia di incontri che hanno avuto luogo fra rappresentanti delle organizzazioni terroriste di diversi paesi del mondo, ai quali hanno partecipato anche gli italiani. Soprattutto esistono numerose prove di contatti bilaterali. In particolare per il caso Moro, si è stabilito che alla preparazione del piano per il sequestro hanno partecipato membri del gruppo terrorista della Germania occidentale “Baader-Meinhof”».

Ora si è discusso a lungo nei trent’anni e passa che ci separano dal sequestro e dall’assassinio di Aldo Moro (16 marzo – 9 maggio 1978) sui rapporti tra Brigate rosse e Raf.

Suggestive e mai compiutamente approfondite le analogie militari tra l’agguato di via Fani e quello del sequestro il 5 settembre 1977 a Colonia di Hanns Martin Schleyer (1/5/1915 – 19/10/1977).

Va ricordato anche che tra le primissime testimonianze raccolte da chi assisté all’eccidio dei cinque uomini della scorta di Aldo Moro (l’appuntato dei carabinieri Domenico Ricci 42 anni; l’agente di polizia Giulio Rivera di 25 anni; il vice brigadiere di polizia Francesco Zizzi, 30 anni; l’agente di polizia Raffaele Iozzino di 25 anni; il maresciallo dei carabinieri Oreste Leopardi di 52 anni), qualcuno disse di aver sentito un terrorista parlare con accento tedesco.

A tal proposito risulta molto istruttivo passare in rassegna le edizioni speciali dei quotidiani del 16 marzo 1978, giorno del rapimento di Aldo Moro o quelli del giorno successivo. È noto che a caldo, a ridosso di un evento traumatico, le reazioni dei testimoni e quelle dei cronisti, non risentono di elaborazioni ex post, nelle quali, come sappiamo, prevalgono spesso fattori non genuini e dal contenuto ideologico. In tal senso, nella prima pagina di Stampa Sera del 17 marzo comparve questo sottotitolo: “Rapito da commando con tedeschi?”, mentre a pagina due veniva sviluppato il ragionamento nel pezzo “Molti tedeschi nel commando?”:

«Qualcuno forse sapeva. Una ipotesi grave sta prendendo consistenza tra gli inquirenti: che a compiere la strage di via Mario Sani (sic) e a sequestrare l’on. Moro sia stato un commando paramilitare super addestrato giunto dall’estero e appoggiato da basisti italiani. Sarebbero molti gli elementi che conducono a questa convinzione. Il primo. Stamane sono ripresi a ritmo serrato gli interrogatori di quanti, e sono in molti, hanno assistito alla strage della scorta e al sequestro di Moro. Malgrado il riserbo degli investigatori è trapelato che nuove testimonianze avrebbero confermato che i terroristi tra di loro si esprimevano in una lingua straniera: probabilmente in tedesco. In particolare, uno degli attentatori, forse il capo, avrebbe impartito in tedesco secchi ordini ai suoi uomini. Il secondo. Nella mattinata è stata compiuta in via Sani (sic) una ricostruzione della tragedia. E anche in questo caso gli inquirenti non hanno più avuto dubbi sull’altissima professionalità di chi ha compiuto l’agguato. «Le armi usate — è stato detto — sono di uso difficilissimo. Occorrono lunghi addestramenti per diventarne completamente padroni e per potersene servire con l’assoluta precisione dimostrata». Non va dimenticato, che i terroristi hanno sparato con assoluta sicurezza, sterminando gli agenti di scorta e risparmiando Aldo Moro. Una mira infallibile, dunque, oltre a una preparazione bellica di primo piano. Il terzo. I servizi segreti tedeschi avrebbero avvertito i loro colleghi italiani di uno sconfinamento di terroristi dalla Germania in Italia. Un avvertimento che, com’è accaduto altre volte, non ha sufficientemente allarmato il Governo italiano. A questo proposito non si sono avute dalle autorità né conferme ma nemmeno smentite».

Sui collegamenti certi tra Br e Raf ha ragionato anche Stelio Marchese, ordinario di Storia Moderna all’Università di L’Aquila, nel suo eccellente libro “I collegamenti internazionali del terrorismo italiano – Dagli atti giudiziari”, Japadre Editore, 1989:

«è pur certo che i collegamenti con la Raf erano talmente regolari ed abituali che il travaso delle esperienze dovette pur esserci. Un elemento di prova è il famoso pulmino con targa tedesca PAN Y 521, visto nei pressi di Viterbo, da un ragazzo che notò dei mitra a bordo di una Mercedes, anch’essa con targa tedesca che seguiva il pulmino, il 21 marzo del ’78. Dalle informazioni ottenute dalla polizia tedesca si seppe che la targa non era del pulmino ma di una Volvo rimasta coinvolta in un incidente, che era proprietà di un terrorista tedesco, Norman Ehehalt, collegato a Willy Peter Stoll in regolare contatto con Moretti, coivolto nel sequestro Schleyer ed ospitato dalle Br in Italia, secondo la testimonianza di Peci. Quando Stoll fu ucciso dalla polizia a Dusserldorf, in un ristorante cinese, aveva con sé documenti che provavano i suoi rapporti con terroristi italiani (Interrogatorio Morucci del 30 gennaio 1985. Corte d’Assise di Roma). La targa PAN Y 521 fu trovata bruciata nella tipografia di Norman Ehehalt. Costui, interrogato per rogatoria dal giudice istruttore di Roma, si rifiutò di rispondere, avvalorando l’ipotesi della presenza della macchina nei pressi di Viterbo in connessione con l’operazione Moro (Comm. Parl. d’Inchiesta su via fani ecc., Vol. I, pp.125-126 e interrogatorio Savasta del 5 maggio 1982. Corte d’Assise di Roma). Anche se Stoll non ha personalmente partecipato all’agguato di via Fani, la complessità dell’operazione e della ritirata in più tempi può avergli assegnato una parte in una fase dell’azione. È comunque sicuro che i contatti e la collaborazione tra il gruppo tedesco che sequestrò Schleyer e l’esecutivo delle Br furono intensi e continui. Quando fu arrestata Elisabeth Dickfon, anch’essa implicata nell’operazione Schleyer, aveva su di sé documenti italiani, sottratti al comune di Sala Comicina, dello stesso tipo di quelli trovati a Roma in via Gradoli (Interrogatorio Savasta, ibidem).

Anche in un memorandum del Foreign and Commonwealth Office del giugno 1978 intitolato »Italy: Red Brigades – Brigate Rosse« e desecretato dai National Archives di Kew nell’aprile 2008, nel capitolo dedicato ai collegamenti internazionali vi è un cenno alla necessità, rivendicata dalle Brigate Rosse, «di una maggiore collaborazione a livello internazionale con altri gruppi» oltre quella già avviata con la Raf tedesca e i Nuclei armati per l’autonomia (Napap) attivi in Francia. (ADNKronos, CASO MORO: DAGLI INFILTRATI ALLE ALLEANZE, DOSSIER FOREIGN OFFICE/ADNKRONOS = DESECRETATO MEMORANDUM SUL TERRORISMO IN ITALIA, 23/04/2008).

D’altronde la Raf veniva addirittura “pubblicizzata”, con tanto di slogan, nell’house organ delle Br Nuova Resistenza(Edizioni Sapere, Milano). Pubblicazione che uscì solo per due mesi nell’aprile e nel maggio 1971. Nel secondo numero troviamo appunto questo inquietante “piedino” a pagina 8: