diabRinviata ancora la decisione sulla estradizione di Diab – Aggiornamento al 20 marzo 2012.

Il ministro della Giustizia Rob Nicholson ha rinviato per la seconda volta la decisione sull’opportunità di estradare in Francia Hassan Diab. La decisione, prevista inizialmente per fine febbraio, dovrebbe essere comunicata il 18 aprile. Non sono state fornite precisazioni o motivazioni ufficiali per questo ulteriore rinvio.

Sicuramente la vicenda dell’ex professore dell’Università di Ottawa, accusato dalle autorità francesi di essere il responsabile della strage alla sinagoga di Parigi del 3 ottobre 1980, ha portato in superficie una questione giuridica delicata.

Il trattato di estradizione del Canada con la Francia infatti non è reciproco. Mentre il Canada prevede la possibilità, la Francia non estrada i propri cittadini.

Inoltre sulla decisione del ministro pesano forse le esternazioni del giudice Robert Maranger  che pur dando parere favorevole all’estradizione in base alle norme del trattato, ha dichiarato che molto probabilmente le prove a carico di Diab fornite dai francesi risulterebbero troppo deboli per una condanna, se il 59enne palestinese di origine libanese fosse giudicato da una corte canadese.

Se la decisione di Nicholson fosse sfavorevole a Diab, il caso passerebbe alla Corte federale d’appello ed infine per l’ultima parola alla Corte Suprema.

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Conto alla rovescia per l’estradizione in Francia del presunto attentatore della sinagoga di rue Copernic. Il ministro federale per la Giustizia canadese, Rob Nicholson, che avrebbe dovuto pronunciarsi entro febbraio, ha ancora un mese di tempo per decidere sulla richiesta di estradizione di Nahim Hassan Diab (l’uomo con cappello e giacca arancione, in foto), 59 anni, palestinese di origini libanesi, cittadino canadese dal 1990, già membro dell’Fplp – Operazioni Speciali, il gruppo antagonista a Yasser Arafat che faceva capo allo scissionista Salim Abu Salem, già luogotenente di Wadi Haddad.

Nicholson, su istanza dell’avvocato difensore di Diab, Donald Bayne, ha deciso di prorogare i termini del pronunciamento sulla estradizione al fine di valutare con serenità i nuovi elementi.

L’avvocato Bayne, che durante il processo ha tenacemente contrastato i procuratori Claude LeFrancois e Jeffrey Johnston, sostiene che le prove esibite e trasmesse dalle autorità francesi sono frutto di informazioni di intelligence ottenute da fonti ignote quindi non utilizzabili dalla difesa e nessuno può escludere che esse siano persino state ottenute sotto tortura, prove dunque che mai sarebbero ammesse in un tribunale penale canadese.

Per questo Bayne si è appellato al ministro federale Nicholson il quale ha il potere discrezionale di bloccare il procedimento nel caso la Corte d’Appello conceda l’estradizione.

In Canada, da tempo è attivo un comitato (Hassan Diab Support Committee) che cerca di bloccare quella che viene definita l’ingiusta procedura di estradizione.

L’attentato del 3 ottobre 1980 alla sinagoga di rue Copernic

Intorno alle 18,40 di venerdì 3 ottobre 1980, di fronte alla sinagoga di rue Copernic, nel XVI arrondissement di Parigi, esplode una moto Suzuki imbottita di esplosivo. L’attentato causa quattro morti [1] e una quarantina di feriti, ma il bilancio poteva essere molto più pesante. La sinagoga, infatti, era stipata da almeno 320 fedeli. Lo shabbath ebraico inizia all’imbrunire del venerdì, quando nel cielo compare la terza stella, quella sera inoltre si celebrava lo Shimchat Torah (la festività della “gioia per il dono della legge”).

Questo atto terroristico è il primo attacco frontale contro la comunità ebraica parigina, dopo l’occupazione nazista della Francia durante la Seconda Guerra mondiale e ciò suscita nell’opinione pubblica grande emozione.

L’attentato venne rivendicato attraverso una telefonata all’agenzia France-Presse, dai «Faisceaux nationalistes révolutionnaires» (Fasci nazionalisti rivoluzionari), una formazione costituitasi dopo lo scioglimento per decreto da parte del Consiglio dei Ministri il 3 settembre 1980 del Fane (Fédération d’action nationale et européenne), il gruppo di François Duprat già coinvolto nei depistaggi per la strage di Bologna avvenuta due mesi prima.

Molti i dubbi sulla matrice dell’attentato, sin dalle prime battute dell’inchiesta. La Dst (Direction de la surveillance du territoire) riteneva infatti che il Fane non fosse in grado di organizzare un simile attentato.

Pressioni politiche per orientare le indagini verso l’estrema destra

Nel 2008 l’ex commissario di polizia Jean-Pierre Pochon, che aveva ricoperto ruoli di alta responsabilità nei servizi francesi (sia nell’Rg – Renseignements Généraux – Servizi di sicurezza interna, ma anche nel Dst e nel Dgse – Direction Générale de la Sécurité Extérieure – Servizi di informazione all’estero), rivelò in un libro [2] le pressioni del potere politico socialista nell’indirizzare l’inchiesta verso l’estrema destra a scapito di una più probabile pista mediorientale.

«L’emozione è grande di fronte a questo attacco antisemita. Nelle ore successive, i giornali, la radio e la televisione mantengono e sviluppano la tesi di un’operazione dell’estrema destra francese.

Immediatamente ho ricevuto istruzioni dalla Direzione centrale in quanto la sezione Ricerca fornisce assistenza agli investigatori della Polizia Giudiziaria. Tutte le altre indagini sono sospese. Priorità all’attentato della rue Copernic.

Sabato 4 ottobre, oltre 200 mila persone hanno manifestato a Parigi, chiedendo le dimissioni del ministro degli Interni Christian Bonnet ed esigendo una commissione di inchiesta sulla “infiltrazione della polizia da parte dei fascisti”. Il giorno successivo, Domenica 5 ottobre, il candidato presidenziale François Mitterrand ha denunciato “l’impotenza del governo dopo gli avvertimenti che non sono mai stati ascoltati”.

L’8 ottobre, Jean-Pierre Chevènement batte il chiodo dichiarando al quotidiano Le Monde: “La verità è che una vera è propria osmosi si è sviluppata tra una parte del personale dirigente giscardiano e l’estrema destra francese, da Vichy passando per l’Oas
[Organisation de l’armée secrète]”.

Anche se non direttamente coinvolti nell’inchiesta, ci avviciniamo ai nostri colleghi della Pj (polizia giudiziaria) e del Dst che ci forniscono le prime intuizioni sull’attacco. “L’esplosivo sarebbe pentrite, ma gli esperti devono ancora confermarlo”, mi informa il mio collega della Polizia Giudiziaria. “Sembra che il lavoro sia stato eseguito da un professionista”, ha detto! Da parte del Dst, la tesi di estrema destra non è considerata credibile, ma il servizio si nasconde dietro la segretezza delle indagini ed ha sviluppato contatti con i corrispondenti esteri per identificare l’uomo o il gruppo terroristico, poiché si è già convinti si tratti di un atto di terrorismo palestinese.

Se c’è stata professionalità, la discrezione non è stata certo il momento clou dell’autore dell’attentato. Ha lasciato molte tracce, che consentono un identikit che viene diffuso a tutta la stampa. Per tutti i servizi di polizia, compreso il Dst, la tesi di un’azione terroristica di estrema destra è sempre meno credibile. Ma, all’interno dei servizi di sicurezza, “le rivelazioni”, le più numerose e più dettagliate, ci orientano sempre e di nuovo verso l’estrema destra. Tutte le informazioni sono sfruttate a fondo dalla sezione.

L’8 ottobre, il gruppo raccoglie informazioni su una persona che può darci dettagli sul soggetto che ha messo la bomba. Per la maggior parte del tempo le informazioni sull’estrema destra sono giunte da fonti giornalistiche di sinistra o di estrema sinistra. Questa volta, il contatto si rivelerà particolarmente rilevante per l’inchiesta. L’uomo che ci ha avvicinato ci dice che chi ha messo la bomba, il cui identikit è stato pubblicato, ha utilizzato i “servizi” di una prostituta che “lavora regolarmente presso l’Hotel Celtic”. Immediatamente corriamo all’hotel dove la ragazza ci aspetta.

La prendiamo in carico e la conduciamo direttamente alla Brigata criminale. Interrogata dagli investigatori, fornirà preziose informazioni sulla persona di origine araba. La tesi dell’estrema destra non è più considerata dalla polizia incaricata delle indagini. Ma da parte nostra, siamo costretti a perseguire e valorizzare tutte le informazioni che continuiamo a ricevere e che fanno riferimento tutte all’estrema destra come responsabile dell’attacco. All’interno della stessa sezione, la teoria della cospirazione di estrema destra non è scartata da alcuni funzionari.

In questa atmosfera, mi riesce difficile mantenere un equilibrio e mantenere l’unità della sezione. Ne rendo regolarmente conto a Pierre Bergeret che mi incita a lasciare passare i temporali e ad inseguire il lavoro.

Commissario, con la campagna elettorale che ci attende bisogna aspettarsi un crescendo di turbolenze e di difficoltà. Oggi, il ministro dell’Interno è tenuto a rispondere a tutte le accuse sul ruolo dell’estrema destra ma tutte le strade devono essere esplorate a fondo, e non va nemmeno trascurato il lavoro sull’estrema sinistra» [3].

Sulle tracce dell’attentatore

Il presunto attentatore venne così messo a fuoco attraverso la testimonianza della prostituta. Ben presto si scoprì che aveva utilizzato, per affittare la moto poi imbottita di esplosivo, un passaporto cipriota intestato ad Alexander Panadriyu. Con questo nome era stato fermato dalla polizia francese per aver rubato un paio di pinze. Dopo un breve interrogatorio era stato rilasciato ma gli agenti si ricorderanno di quel volto. L’8 ottobre 1981 la polizia italiana fermò un libanese con diversi documenti, tra questi il passaporto di un certo Diab. I visti proverebbero la sua presenza in Francia quei primi giorni di ottobre. Inoltre, secondo gli investigatori, il corriere fermato in Italia stava portando i documenti in Spagna dove li avrebbe consegnati proprio a Diab. Tutte mosse queste collegate, secondo gli inquirenti francesi, ad un secondo attentato: quello alla sinagoga di Anversa (20 ottobre 1981, 3 morti), sempre attribuito ad Hassan Diab. Quest’ultimo aveva poi lasciato diverse altre tracce dietro di sé, come ad esempio alcune parole manoscritte all’atto della registrazione presso l’hotel parigino. Tracce che non sono state dimenticate dagli inquirenti nonostante siano trascorsi dai fatti tre decenni.

Così il giudice dell’antiterrorismo Marc Trévidic, che ha ereditato nel 2006 diversi fascicoli dal suo collega Jean-Louis Bruguière, ha riaperto il caso tenuto dormiente per diversi anni, dando nuovo impulso alle indagini [4], anche grazie agli elenchi degli appartenenti al Fronte popolare per la liberazione della Palestina-Operazioni Speciali (Fplp-Os) messi a disposizione dalle autorità tedesche dopo l’apertura degli archivi della Stasi, il servizio segreto dell’ex Ddr [5].

Gli stessi Christopher Andrew e Vasilij Mitrokhin sembrano confermare questa pista quando scrivono:

«L’ultima voce del documento riguardante Haddad trascritto da Mitrokhin era la decisione, da parte del Centro, di mettersi in contatto con il suo successore» [6].

Nella nota relativa aggiungono:
«Dopo la morte di Haddad, il gruppo terrorista di cui faceva parte si sciolse. Il suo ex luogotenente, Salim Abu Salem (aka Abu Mohammad) fondò un gruppo secessionista del Fplp-Comando speciale (da non confondere con il Fplp-Cg  [Comando Generale] di Jibril), che negli anni seguenti si specializzò in attacchi contro obiettivi ebrei, tra cui, nel 1980, una sinagoga parigina e l’Hotel Norfolk a Nairobi [7] di proprietà di ebrei (Dobson e Payne, War Without End, pp. 160-61)» [8].

L’arresto di Hassan Diab in Canada nel 2008 e il braccio di ferro per l’estradizione

È così che il 13 novembre 2008, a Gatineau (Quebec), in Canada, viene arrestato dalla Royal Canadian Mounted Police (Rcpm) su mandato internazionale emesso dai tribunali francesi, Nahim Hassan Diab, sospettato membro dell’Fplp-Os. Diab dopo essersi laureato alla Syracuse University (Usa), è stato docente di sociologia presso l’Università di Ottawa e presso la Carleton University. Secondo le autorità francesi, che l’avevano posto sotto osservazione con la collaborazione dell’Rcpm fin dall’autunno del 2007, sarebbe stato proprio Diab a parcheggiare la moto Suzuki imbottita di esplosivo fuori dalla sinagoga il 3 ottobre 1980.

Trascorsi alcuni mesi in carcere, il 1° aprile 2009 Diab è stato rilasciato dietro il pagamento di una cauzione di 250mila dollari, ma è stato sottoposto a misure molto restrittive, compreso l’obbligo di indossare un braccialetto elettronico Gps alla caviglia che ne monitorava gli spostamenti.

Durante il processo di primo grado per l’estradizione di Diab, tenutosi presso la Corte Superiore dell’Ontario tra il giugno 2010 e il giugno 2011, sono state ascoltate le ragioni della difesa e quelle dell’accusa. Il giudice Robert Maranger, il quale aveva sempre sostenuto che in base al trattato franco-canadese del 1999 che regola l’estradizione, non è compito della Corte che deve pronunciarsi, disquisire sulla consistenza o meno delle prove prodotte dal Paese richiedente, ritenendole per principio attendibili se adeguatamente certificate dall’autorità legale, il 6 giugno 2011 si è pronunciato a favore dell’estradizione di Diab.

Il dibattimento fondamentalmente si è incentrato sulle perizie calligrafiche prodotte dalla magistratura francese e realizzate dall’analista Anne Bisotti. Essa aveva preso in esame cinque parole e la firma del nome fittizio scritte dal presunto attentatore sul registro dell’hotel parigino nel 1980, e le aveva messe a confronto con i campioni di scrittura rilevati sui documenti per l’immigrazione compilati da Diab al suo ingresso negli Stati Uniti anni dopo.

Le differenze tra le grafie, evidenziate anche dal perito francese, sono state da quest’ultima attribuite a “variazioni naturali”, mentre i tre periti internazionali (il canadese Brian Lindblom, il britannico Robert Radley e l’americano John Paul Osborn) nominati dalla difesa, hanno bollato il report della Bisotti “badly flawed and reveals her ignorance of modern methods” (gravemente carente rivelando la non conoscenza dei metodi moderni).

In attesa del processo d’appello, a Diab sono state concesse sotto cauzione nuove condizioni: potrà recarsi a Toronto dove esercita il suo avvocato, purché sotto scorta, ma non potrà restare fuori da Ottawa per più di 72 ore. Si è poi visto aumentare di un’ora, fino alle 9 di sera, il limite per circolare fuori casa [9].

Gabriele Paradisi
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Note bibliografiche
[1] Muoiono i cittadini francesi: Jean-Michel Barbé, Philippe Bouissou, Hilario Lopez Fernandez e la giovane israeliana Aliza Shagrir.
[2] Jean-Pierre Pochon, Les Stores rouges. Au cœur de l’infiltration et de l’arrestation d’Action directe, Éditions des Équateurs, 2008.
[3] Pochon, Les Stores rouges, cit., pp. 213-217.
[4] «Le juge Trévidic, de l’attentat de Karachi au massacre de Tibehirine», le Parisien, 6 luglio 2009.
[5] Catherine Handfield, «Attentat à Paris: un Canadien arrêté 28 ans après», La Presse, 14 novembre 2008.
[6] Ch. Andrew e V. Mitrokhin, L’Archivio Mitrokhin. Una storia globale della guerra fredda da Cuba al Medio Oriente, Milano, Rizzoli 2005 (ed. or. inglese: The Mitrokin Archive II. The KGB and the World, London, Allen Lane, 2005). Le citazioni: p. 259, per il testo e p. 521, per la nota 47 della trad. it. (corrispondenti alle p. 255 e 549 ed. or. inglese).
[7] La notte di San Silvestro, 31 dicembre 1980, una bomba esplode all’hotel “Norfolk” di Nairobi in Kenia provocando la morte di 17 persone e decine di feriti. Nell’attentato muore anche l’italiano Ferdinando Bignardi, capo pilota delle flotta aerea Fiat e restano feriti Marcello Bertucci, secondo pilota, e Aldo Bagnasco, motorista. Il governo keniota individuerà gli esecutori dell’attentato di matrice palestinese ed in particolare il marocchino Quaddura Mohamed Abdel Hamid.
[8] Christopher Dobson e Ronald Payne, War without End. The Terrorists: An Intelligence Dossier, London, Harrap 1986, 279 pp. [8] c. di tav.
[9] Per la ricostruzione della vicenda processuale di Hassan Diab sono stati consultati i numerosi articoli scritti tra il 2010 e il 2012 da Chris Cobb, Andrew Seymour, Andrew Duffy, Randal Marlin e Lee Greenberg per The Ottawa Citizen, il quotidiano della capitale dell’Ontario. Tra tutti si vedano in particolare gli articoli: Ch. Cobb, «Diab Case: Defence slams French prosecutor», 9 novembre 2010; Ch. Cobb, «Diab hearing breaking new ground», 8 gennaio 2011; R. Marlin, «Why the Diab case should worry all Canadians», 16 giugno 2011. Ch. Cobb, «Diab extradition decision put on hold for a month», 11 febbraio 2012.